Giornale on-line fondato nel 2004

Giovedì, 04 Lug 2024

La lettera

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, la lettera inviata lo scorso 14 maggio al Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, e per conoscenza al Presidente dall’Anvur, da 56 candidati all’Abilitazione scientifica nazionale per il settore concorsuale 10/N1 (Culture del Vicino Oriente Antico, del Medio Oriente e dell’Africa).

Onorevole Ministro,

i risultati della tornata 2012 dell’ Abilitazione  Scientifica Nazionale (ASN) per il Settore Concorsuale 10/N1, resi pubblici il 18 febbraio 2014, destano molte perplessità sia sull’operato della commissione chiamata a valutare i candidati sia sull’efficacia dell’Abilitazione Scientifica Nazionale, almeno nella forma attuale caratterizzata da regole opache e contraddittorie che, al posto di rigore e trasparenza,  hanno prodotto inesorabilmente il loro contrario.

Il Settore Concorsuale 10/N1 (Culture del Vicino Oriente Antico, del Medio Oriente e dell’Africa) raggruppa 15 Settori Scientifico-Disciplinari (SSD): Storia del Vicino Oriente Antico; Egittologia e Civiltà Copta; Assiriologia; Anatolistica; Archeologia e Storia dell’arte del Vicino Oriente Antico; Archeologia Fenicio-Punica; Semitistica, Lingue e Letterature  dell'Etiopia; Ebraico; Lingue e Letterature dell’Africa; Storia dei Paesi Islamici; Archeologia e Storia dell’Arte Musulmana; Lingua e Letteratura Araba; Armenistica, Caucasologia,  Mongolistica e Turcologia; Filologia, Religioni e Storia  dell'Iran; Lingua e Letteratura Persiana. Uno spettro amplissimo di discipline, e quindi di competenze, in molti casi decisamente distanti tra loro. L’alto numero di SSD in esso compresi ne fanno del resto un  caso unico tra tutti i Settori Concorsuali ridefiniti per l’ASN da apposito Decreto Ministeriale (DM 159/2012).

I risultati della tornata 2012 dell’ ASN per il Settore Concorsuale 10/N1 mostrano chiaramente che i commissari hanno ampiamente frainteso il loro mandato istituzionale che, nelle disposizioni del DM 76/2012, avrebbe dovuto “accertare la maturità scientifica dei candidati, intesa come il riconoscimento di un positivo livello della qualità e originalità dei risultati raggiunti nelle ricerche affrontate”. Al contrario, si è effettuata una selezione che risulta seguire logiche del tutto diverse e che avranno effetti concreti nello sviluppo del settore negli anni a venire. L’abilitazione di appena un quinto (17 su 75) dei candidati di prima fascia, ridurrà al minimo il numero degli ordinari che potranno in futuro bilanciare l’influenza dei commissari. È inoltre facilmente constatabile come pochissimi siano stati abilitati tra coloro che non sono strutturati o che lavorano stabilmente all’estero, anche con responsabilità scientifiche, didattiche e amministrative di livello superiore a quello per la fascia per cui si richiedeva l’abilitazione in Italia. Lavorare stabilmente in un’università o in un centro di ricerca all’estero non è per forza sinonimo di eccellenza nella ricerca, ma è possibile che quasi nessuno fosse  degno di essere abilitato? E, similmente, è possibile che non conti nulla il riconoscimento ad ampio spettro dei risultati di studi, di ricerche e di collaborazioni internazionali di chi opera, suo malgrado, fuori dall’università e dalle istituzioni?

Inoltre i giudizi emessi dalla commissione per i 214 candidati alla seconda fascia di insegnamento e per i 75 candidati alla prima fascia contengono errori sia formali sia di merito che crediamo sia necessario sottolineare.

Come da DM 76/2012, i giudizi sulla produzione scientifica e sui curricula dei candidati da parte dei membri della commissione del settore concorsuale 10/N1 combinano elementi quantitativi, sulla base degli indicatori forniti dal database MIUR/CINECA, e valutazioni qualitative espresse da ciascun commissario sulla base sia dei criteri e dei parametri definiti dal suddetto Regolamento, sia di quelli “più selettivi” che la commissione ha ritenuto “necessario” aggiungere.

I primi sono calcolati in maniera automatica dal sistema e dovrebbero costituire uno dei parametri di valutazione dei titoli (l’impatto della produzione scientifica complessiva); si tratta di un dato numerico a cui, nei giudizi, risulta però dato peso diverso a seconda dei casi.

Quanto alle valutazioni qualitative, si rileva che i criteri e i parametri stabiliti dal Regolamento – seppur poco espliciti nei loro termini pratici –  risultano usati con estrema discrezionalità, per quanto riguarda sia gli elementi di cui tener conto sia le conclusioni. Del resto, mai i giudizi vengono espressi attraverso una “valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni” come invece stabilito dalla normativa. Risulta inoltre quasi sempre ignorato l’esplicito invito del Regolamento a servirsi delle “classificazioni di merito” così come a rendere nota una “ponderazione dei criteri e dei parametri … equilibrata e motivata”. Entrambi questi aspetti avrebbero potuto fornire una griglia di valutazione univoca utile, se non altro, a limitare l’uso strumentale di aggettivazioni che, diversamente interpretabili, appaiono spesso funzionali all’intenzione di “sovrastimare” o “sottostimare” questo o quell’elemento di giudizio, a seconda dei casi.

A questo proposito, si pone una questione particolarmente spinosa, perché mina alla base l’attendibilità e il valore dei giudizi. Come potevano, i cinque commissari chiamati a valutare i curricula dei candidati, avanzare giudizi analitici e approfonditi riguardo al valore scientifico di lavori afferenti a tutti i SSD? Questo in un Settore Concorsuale come il 10/N1 che, come detto, include discipline diversissime tra loro, accomunate, e nemmeno sempre, solo dall’area geografica di riferimento; un settore dove due dei cinque membri della commissione afferiscono peraltro ad uno stesso SSD. Perché, pur avendone la facoltà, i commissari non hanno mai richiesto pareri pro veritate a esperti esterni alla commissione? Candidati che lavorano nel campo dell’Egittologia, dell’Armenistica, dell’Ebraistica o ancora dell’ Archeologia e storia dell’arte islamica – per fare solo alcuni esempi – sono stati giudicati esclusivamente da studiosi di altri SSD.

Ma qualcos’altro sembra non aver funzionato visto che in più casi, anche laddove il commissario del settore di competenza aveva espresso un parere positivo all’abilitazione, questa non è stata comunque concessa perché gli altri membri della commissione – afferenti ad altri settori – li hanno giudicati a maggioranza inadeguati. Uno dei presupposti fondamentali sui quali si basa il meccanismo della peer review, ormai strumento imprescindibile in qualsiasi esperienza accademica, è proprio la fiducia tra pari. Stabilire rigide regole di trasparenza è inutile se si ignora questo primo elemento di autoregolazione di un gruppo o di un sistema, ovvero la capacità di conoscere e riconoscere onestamente le qualità dei propri componenti. Dai giudizi in questione sembra di poter constatare che non ci fosse fiducia reciproca tra i commissari e che il criterio del voto di maggioranza abbia prevalso su quello della collegialità. Riteniamo che in un contesto accademico questo sia inaccettabile.

Gli stessi dati “oggettivi” forniti dal database MIUR/CINECA sono stati in parte male utilizzati. Infatti, alcuni SSD all’interno del settore concorsuale 10/N1 avevano mediane differenti. È il caso, ad esempio, di Lingua e Letteratura Araba (L/OR 12). I valori da superare nelle tre categorie (libri dotati di ISBN, articoli su rivista e capitoli di libro dotati di ISBN, articoli su riviste di classe A, tutti riferiti al decennio 2002-2012) erano diversi rispetto a quelli di altri SSD e la commissione avrebbe dovuto prenderne atto, modulando di conseguenza la valutazione di questo parametro. Queste differenze, invece, non sempre sono state rilevate nei giudizi della commissione. Imponderabile, inoltre, la ragione per cui uno stesso numero di pubblicazioni per il candidato A è esiguo, mentre nel caso del candidato B (poi abilitato) indica il superamento dei parametri stabiliti.

Come si diceva, la commissione ha ritenuto “necessario per esprimere giudizio di maturità scientifica” il possesso di “almeno una monografia originale” per i candidati all’abilitazione a professori di II Fascia e di “almeno due monografie originali” per quelli della I fascia; risulta ammessa come possibile alternativa “in casi eccezionali” la presenza, tra gli articoli presentati, di lavori “di eccezionale rilievo scientifico” da accompagnare comunque, nel solo caso della I fascia, al possesso di almeno una monografia “originale”.

Questo parametro selettivo, aggiunto a quanto già stabilito dalla normativa, avrebbe però dovuto rispondere a due principi fondamentali: essere determinato nel rispetto della necessaria “coerenza” tra i requisiti richiesti ai candidati e quelli comprovanti  la “qualificazione scientifica” dei commissari, come fortemente ribadito da tutta la normativa;  essere applicato con modalità ragionevoli e motivate e con misure uguali per tutti i giudizi.  Ora, nessuno di questi due punti fondanti appare rispettato.

Basta esaminare  i curricula presentati dai commissari del Settore Concorsuale 10/N1, per verificare che tre su cinque di essi non posseggono, come indicatore di qualità della produzione scientifica secondo le regole disposte dall’ANVUR,  il requisito richiesto ai candidati. In due casi le uniche monografie possedute datano a molto prima del decennio 2002-2012  e sono quindi prive di ISBN; nel terzo caso si rileva invece il reale possesso di una sola monografia in quanto, delle tre dichiarate, due sono in realtà delle “curatele”. Alla luce di ciò è plausibile pensare che l’accertamento dei requisiti di “qualificazione scientifica”degli aspiranti commissari, previsto dal DM  76/2012 e dal Bando emanato con DD 181/2012,  non abbia comportato alcuna reale verifica di quanto dagli stessi autocertificato nel proprio curriculum.

Tutto ciò non è cosa da poco soprattutto considerando che in molti casi il possesso della monografia risulta l’elemento dirimente per non abilitare candidati giudicati, per il resto, in modo positivo, o al contrario per poter “promuovere” candidati con un profilo generale debole sia sul piano delle pubblicazioni che su quello dei titoli.

Ma le incongruenze nei giudizi dei commissari e la disparità nella loro valutazione sono elementi lampanti anche da altri punti di vista.

Un nodo rilevante è di nuovo rappresentato dal modo di individuare la presunta “originalità” delle monografie, concetto di per sé stesso sfuggente.  Così, in maniera del tutto incoerente, le traduzioni o le edizioni di testi classici, ad esempio, sono state a volte considerate lavori “limitati” e di “catalogazione”, mentre in altri casi, senza motivazioni esplicite o comprensibili, le troviamo rubricate come lavori “eccellenti”.  Secondo quale criterio sono stati emessi giudizi così differenti?

Allo stesso modo, interventi di poche righe all’interno di “volumi in collaborazione” (a volte, in realtà curatele)  o lavori di  carattere divulgativo sono diventati ricerche originali e innovative; certamente innovative per i non addetti ai lavori, o qualora non si ottemperi ad una esplicita indicazione di Regolamento, vale a dire la valutazione della produzione scientifica  “all’interno del panorama internazionale della ricerca”.

Dalla valutazione dei lavori d’équipe traspare una spasmodica ricerca del se e del quanto risultino visibili i singoli apporti all’interno delle pubblicazioni senza però mai entrare nel merito dei contenuti. Al criterio dell’“apporto individuale nei lavori in collaborazione” presente nel DM 76/2012,  la commissione ha evidentemente inteso dare un valore legato alla “riconoscibilità” formale e non sostanziale del contributo di  questo o quel candidato. Al di là del fatto che si può essere d’accordo o dissentire su questo modo di interpretare il criterio, la sua applicazione risulta quanto meno poco attenta. Si possono ad esempio verificare giudizi che dichiarano l’apporto individuale poco o per nulla riconoscibile anche  quando esso è nella realtà segnalato nelle pubblicazioni da apposite note, o da firme e titoli differenziati.

Il criterio della collocazione editoriale risulta superato positivamente da tesi di dottorato dotate di ISBN nel 2012 (alla vigilia della scadenza per la presentazione dei titoli) pubblicate da case editrici quasi sconosciute; non altrettanto invece lavori pubblicati dopo anni di ricerca presso istituti di prestigio come l’Inalco di Parigi o il CNRS e pubblicate da case editrici di riferimento nel settore di competenza.

A volte, la collocazione dei contributi in riviste di classe A assume grande rilievo nella valutazione di questo criterio, altre volte diventa la semplice constatazione di una buona, ovvero sufficiente, produzione scientifica.  In alcuni casi, malgrado il database MIUR/CINECA segnali degli articoli in fascia A, la commissione conclude che il candidato non ne presenta alcuno. Non solo, la collocazione editoriale è stata a volte giudicata in maniera contraddittoria (“prestigiosa” o “marginale”), pur trattandosi della stessa casa editrice. Come è possibile? In un’ottica che nemmeno per logica riesce ad andare oltre la discutibile lista delle riviste classificate dall’ANVUR come di classe A,  alcuni lavori pubblicati in sedi prestigiose che settori affini (Storia contemporanea, Letterature comparate, Storia dell’architettura, Archeologia, Storia dell’Arte) considerano di classe A,  sono così diventati “poco attinenti” al settore o, paradossalmente, pubblicati in sedi “marginali”. Quale, allora, il valore dell’interdisciplinarietà? La nostra ricerca si muove ormai su un piano orizzontale, travalicando le aree geografiche e la presunta centralità di alcuni ambiti di studio. Il modo in cui la commissione ha interpretato ed espletato il suo mandato ha punito chi ha osato sconfinare.

Senza volerci addentrare nelle speculazioni con cui deliziamo i nostri allievi nella prima settimana del primo anno di studi sulla aleatorietà di definizioni quali Vicino e Medio Oriente, ci chiediamo se anche questi aspetti delle valutazioni non siano da collegare alla scarsa copertura garantita dai settori di reale competenza dei commissari e, dunque, all’ eccessiva superficialità con cui gli stessi hanno deciso di non riferirsi mai a pareri pro veritate.

Il quadro del lavoro della commissione che si evince dalla comparazione di curricula simili – per anni di anzianità accademica e per numero di lavori presentati – lascia poi davvero spiazzati e fa pensare ad un uso sistematico di due pesi e due misure, i cui criteri sono tristemente noti. I titoli, come le esperienze di insegnamento e/o di ricerca, vengono presi in considerazione e enfatizzati in alcuni casi mentre in altri non sono nemmeno menzionati. Nell’incoerente retorica dell’internazionalizzazione, scuole estive frequentate (da studente) nel corso degli anni di dottorato diventano “esperienze internazionali significative”, e, allo stesso tempo, post-dottorati ai quali si accede solo attraverso selezioni rigide e posizioni fisse che includono insegnamento diventano “qualche esperienza maturata all’estero”.

Ci sembra lecito dedurre che la commissione non abbia letto i lavori e spesso nemmeno l’indice delle pubblicazioni presentate. Particolarmente sintetici, ripetitivi e talvolta palesemente errati sono stati i giudizi del membro della commissione OCSE, sulla cui conoscenza della lingua italiana aleggiano numerosi dubbi. Questo è un punto importante perché il regolamento richiede al membro OCSE “fluency in Italian”, cioè la capacità di parlare e scrivere fluentemente in lingua italiana.

Colpisce, a questo proposito, aver visto decadere dalla commissione Maribel Fierro, professore di fama internazionale, fluente in lingua italiana e inizialmente incaricata come membro OCSE della commissione. Seppure questa sostituzione è stata ratificata come un dato di fatto, senza che nulla della procedura risulti agli atti, abbiamo saputo che la prof. Maribel Fierro è stata sostituita in quanto afferente al CSIC (Consejo Superior de Investigaciones Científicas), un ente di ricerca non ritenuto equivalente all’Università italiana. Eppure, in altri Settori Concorsuali, il membro OCSE afferisce ad enti o centri di ricerca simili al CSIC. È il caso ad esempio del settore 02/B1 nel quale il membro OCSE afferisce al Max Planck Institute, che di certo non è una università, oppure del settore 10/M1 in cui il membro OCSE afferisce a un Institut for German Language, che ugualmente non è una università e rispetto al quale il CSIC non è certamente meno attrezzato al fine di fornire una valutazione sulla ricerca e sui profili dei candidati all’abilitazione. Inoltre, riguardo alla ratifica di questo dato di fatto, ci appare del tutto irregolare la procedura che ha visto la sostituzione del membro OCSE avvenire senza sorteggio. Dal momento che la prof. Maribel Fierro, nominata per sorteggio, è stata in carica come membro effettivo della commissione dal 19.12.2012 al 7.1.2013, ci chiediamo come  mai non sia stato rispettato il dettato normativo che regola casi come questo (art. 8 comma 3 del Decreto Direttoriale n. 181 del 27 giugno 2012).

Rimanendo in tema di  procedure di nomina della commissione, ci sia consentito porre un interrogativo: considerato di nuovo che tutta la normativa (Legge 240/2010, DPR 222/2011, DM 76/2012) lascia chiaramente intendere che possono far parte delle commissioni giudicatrici dell’ASN solo i professori ordinari “in servizio” effettivo presso gli atenei di riferimento, può essere considerata legittima l’eleggibilità a commissario di un professore ordinario che, all’atto della nomina e dello svolgimento della procedura di abilitazione, risulterebbe ricoprire la carica di  addetto culturale presso un’ambasciata italiana all’estero e, dunque, un ruolo afferente al Ministero degli Affari Esteri e non al MIUR?

Oltre alle iniquità e incongruenze fin qui descritte, vari errori formali compromettono il modo di formulare giudizi. Ad esempio, perché, il candidato A, che presenta i requisiti richiesti, non è “quindi” [sic] abilitato, mentre il candidato B, che rispetta solo parzialmente i criteri stabiliti, è “quindi” abilitato, o il candidato C, “nonostante” il carattere limitato della produzione, “raggiunge i requisiti stabiliti dalla commissione”?

Vi sono poi, non meno irritanti e gravi errori come nominativi sbagliati, attribuzioni di affiliazioni di SSD errate, giudizi individuali in contraddizione palese tra loro (anche su valori oggettivi come la continuità di pubblicazione), strafalcioni sintattici e grammaticali, inclusi palesi errori nella trascrizione dei nomi delle Università straniere.

Per non parlare dell’assenza, tra i verbali delle riunioni di commissione pubblicati insieme ai giudizi, del verbale n. 5, ad esempio, o della menzione, nella Relazione conclusiva, di “riunioni informali” di cui non esiste traccia di verbalizzazione, o ancora di rimandi a date e riunioni verbalizzate di cui invece non si trova alcun atto scritto.

Come se non bastasse, il giudizio collegiale riprende letteralmente, nella quasi totalità dei casi, il giudizio del presidente della commissione. Di fatto, quindi, il giudizio finale non costituisce affatto un giudizio collegiale. È lecito?

Oltre al danno di non vedere giudicati con competenza e attenzione i propri lavori, di rilevare incongruità e un uso quasi sistematico di due pesi e due misure, in alcuni casi ecco la beffa di giudizi dai toni paternalistici del tutto accessori e non necessari, come, ad esempio, “curriculum di ricerca ancora in formazione” o che “non raggiunge la completa maturità scientifica” o meglio ancora, “studioso in formazione”. Ci scusi, Sig. Ministro, ma chi tra gli studiosi, se non nel genere umano, non è “in formazione”?

Dal quadro che abbiamo riportato si evincono dunque irregolarità e anomalie che, gravi e numerose a nostro avviso, riguardano alcuni aspetti di illegittimità nelle procedure che presiedono alle valutazioni dei candidati all’abilitazione, alla verbalizzazione dei lavori e addirittura all’ individuazione dei membri della commissione. È quanto con la presente intendiamo porre alla Sua attenzione, Ill.mo Sig. Ministro, al fine di rendere noti aspetti sui quali riteniamo necessario che gli organi preposti del Ministero che Lei onorevolmente presiede si interroghino, sia per sottoporre a nuovo e più equo giudizio le candidature della tornata 2012 per il settore concorsuale 10/N1 sia per rivedere un meccanismo di Abilitazione Scientifica Nazionale che, per come attualmente si configura, non porta né vantaggi né onore all’Università italiana.

Firmatari:

1)Angelo Arioli, professore ordinario, Lingua e letteratura araba, Sapienza, Università di Roma;

2)Alessandra Bagnera, ricercatore indipendente, Archeologia e storia dell’arte islamica;

3)Cristiana Baldazzi, ricercatore, Lingua e letteratura araba, Università di Trieste;

4)Giuseppina Battaglia, funzionario direttivo, Servizio per i beni archeologici, Soprintendenza  Bb.Cc.Aa. di Palermo;

5)Lidia Bettini, già professore ordinario, Lingua e letteratura araba, Università di Firenze;

6)Maria Giovanna Biga, professore associato confermato, Storia del vicino Oriente antico e di Religioni del vicino Oriente antico, Dipartimento di scienze dell’Antichità, Sapienza, Università di Roma;

7)Laura Bottini, ricercatore universitario confermato, Storia dei paesi islamici, Dipartimento di scienze umanistiche, Università di Catania;

8)Piero Capelli, professore associato, Lingua e letteratura ebraica, Università Ca’ Foscari, Venezia

9)Leonardo Capezzone, professore associato, Facoltà di Lettere e Filosofia, Sapienza, Università di Roma;

10)Lorenzo Casini, ricercatore confermato, Lingua e letteratura araba, Università di Messina

11)Mirella Cassarino, professore associato, Lingua e letteratura araba, Università di Catania

12)Natascia Danieli, Università Ca’ Foscari, Venezia;

13)Barbara De Poli, ricercatore tempo determinato, Università Ca’ Foscari, Venezia

14)Silvia Di Donato, ricercatore, Paleografia e filologia ebraica, EPHE (IVe section, Sciences historiques et philologique), Sorbonne, Paris (France);

15)Rosa Di Liberto, Funzionario architetto, Soprintendenza beni culturali, Provincia regionale di Palermo;

16)Rita Dolce, professore associato, Archeologia e storia dell’arte del vicino Oriente antico, Dipartimento di studi umanistici, Università di Roma Tre;

17)Olivier Durand, professore associato confermato, Dialettologia araba, Istituto italiano di studi orientali, Facoltà di lettere e filosofia, Sapienza, Università di Roma;

18)Ersilia Francesca, professore associato, Storia dei paesi islamici, Università di Napoli L'Orientale

19)Gennaro Gervasio, lecturer, The British University in Egypt, Cairo (Egypt);

20)Demetrio Giordani, ricercatore confermato, Storia dei paesi islamici,
Università di Modena e Reggio Emilia;

21)Vincenza Grassi, professore a contratto, Epigrafia islamica, Università di Napoli L’Orientale;

22)Laura Guazzone, professore associato, Storia contemporanea dei paesi arabi, Sapienza, Università di Roma;

23)Mattia Guidetti, PhD, Gerda Henkel post-doctoral fellow in Islamic Art;

24)Elie Kallas, professore associato non confermato, Lingua e letteratura araba, Dipartimento di scienze giuridiche, del linguaggio, dell’interpretazione e della traduzione, Università di Trieste;

24)Lucy Ladikoff, ricercatore tempo indeterminato, Lingua e letteratura araba, Dipartimento di lingue e culture moderne, Università di Genova;

25)Matthias Kappler, professore associato, Lingua e letteratura turca,Università Ca’ Foscari, Venezia;

26)Lucy Ladikoff, ricercatore tempo indeterminato, Lingua e letteratura araba, Dipartimento di lingue e culture moderne, Università di Genova;

27)Souadou Lagdaf, ricercatore tempo determinato, Storia dei paesi islamici, Università di Catania;

28)Angela Langone, ricercatore tempo determinato, Lingua e letteratura araba, Università di Cagliari;

29)Fabrizio Lelli, professore associato, Lingua e letteratura ebraica, Università del Salento;

30)Anna Lissa, Universität Halle-Wittenberg, Seminar für Judaistik, Halle/Saale, (Germany);

31)Gianfrancesco Lusini, professore associato, Lingua e letteratura amarica e di Lingua e letteratura etiopica antica (Ge‘ez), Dipartimento Asia, Africa e Mediterraneo, Università di Napoli L’Orientale;

32)Giuseppe Mandalà, científico titular, Transmisión cultural e historia de textos árabes, griegos y hebreos, ILC-CCHS, Consejo Superior de Investigaciones Científicas, Madrid (España);

33)Patrizia Manduchi, professore associato, Storia dei paesi islamici, Università di Cagliari;

34)Daniela Meneghini, professore associato, Lingua e letteratura persiana, Università Ca’ Foscari, Venezia;

35)Caterina Moro, dottore di ricerca, Sapienza, Università di Roma;

36)Ephraim Nissan, honorary fellow, Centre of Jewish Studies, University of Manchester;

37)Lea Nocera, ricercatore tempo determinato, Lingua e letteratura turca, Università di Napoli L’Orientale;

38)Paola Orsatti, professore associato, Lingua e letteratura persiana, Sapienza, Università di Roma;

39)Maria Elena Paniconi, ricercatore, Lingua e letteratura araba, Università di Macerata;

40)Samuela Pagani, ricercatore, Lingua e letteratura araba, Università del Salento;

41)Mauro Perani, professore ordinario, Lingua e letteratura ebraica, Università di Bologna;

42)Elena Pezzini, funzionario direttivo, Museo Archeologico Regionale “A. Salinas”, Palermo;

43)Farian Sabahi, cultore della materia “Storia dei Paesi islamici”, Università di Torino e Professore a contratto, Università Bocconi (Milano), Università della Valle d'Aosta e Academy of Diplomacy Azerbaijan;

44)Asher Salah, senior lecturer, Hebrew University of Jerusalem & Bezalel Academy of Arts and Design (Israel);

45)Marco Salati, professore associato, Islamistica, Università Ca’ Foscari, Venezia;

46)Biancamaria Scarcia Amoretti, professore emerito, Islamistica, Sapienza, Università di Roma;

47)Stefano Seminara, dottore di ricerca in Assiriologia, professore invitato presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma (fino al 2011);

48)Cristina Solimando, ricercatore, Lingua e letteratura araba, Dipartimento di linguistica, Università di Roma Tre;

49)Bruna Soravia, professore, Istituzioni e storia dei paesi islamici in Africa e in Asia, Università Luiss, Roma;

50)Lucia Sorbera, lecturer, Arabic Islamic and Middle Eastern Studies, The University of Sydney (NSW, Australia);

51)Salvatore Speziale, Dipartimento di storia culture e religioni, Sapienza, Università di Roma;

52)Cristina Tonghini, ricercatore, Archeologia e storia dell’arte musulmana, Università Ca’ Foscari, Venezia;

53)Raffaele Torella, professore ordinario, Lingua e letteratura sanscrita, Sapienza, Università di Roma;

54)Emanuela Trevisan Semi, professore associato, Università Ca’ Foscari, Venezia;

55)Francesco Zappa, maître de conférences, Langue arabe et islamologie, directeur-adjoint du département d’études moyen-orientales, Université d’Aix-Marseille (France);

56)Riccardo Zipoli, professore ordinario, Lingua e letteratura persiana, Università Ca’ Foscari, Venezia.

empty alt

All’ombra del Re dollaro crescono piccole valute

La notizia dell’ultimo aggiornamento che il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha dedicato...
empty alt

Tolve, bellezza lucana che affonda le sue radici nel terzo millennio a.C.

San Rocco è il Santo più venerato nel mondo cattolico. Nei miei viaggi per i borghi lucani la sua...
empty alt

In Adriatico sono tornate le mucillagini

In Adriatico sono tornate le mucillagini la cui composizione potei analizzare, tra primi, nel...
empty alt

Illegittimo affidare il controllo della prestazione lavorativa a un investigatore

Con ordinanza n. 17004/24, pubblicata il 20 giugno 2024, la Corte di cassazione - sezione Lavoro – ha...
empty alt

Dall’Antitrust cartellino rosso alla Figc

Dopo l'inattesa eliminazione della nazionale italiana di calcio dagli Europei, una nuova tegola si è...
empty alt

“Fremont”, film esistenzialista dalle venature surreali

Fremont, regia di Babak Jalali, con Anaita Wali Zada (Donya), Gregg Turkington (Dr. Anthony),...

Ti piace l'informazione del Foglietto?

Se ti piace quello che leggi, puoi aiutarci a continuare il nostro lavoro sostenendoci con quanto pensi valga l'informazione che hai ricevuto. Anche il costo di un caffè!

SOSTIENICI
Back To Top