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Giovedì, 04 Lug 2024

Una delle priorità strategiche dell’Unione Europea è il miglioramento delle attività di ricerca, confermata dall’avvio del Programma europeo di finanziamento integrato destinato alla ricerca - Horizon 2020, di cui si è già trattato in precedenti articoli del Foglietto della Ricerca [1, 2].

Questa consapevolezza del ruolo strategico rivestito dalla ricerca ha tra i suoi effetti concreti – oltre a ricadute di maggior integrazione ed interconnessione transnazionale – l’attivazione di una rinnovata competizione per uno sviluppo coerente di progetti di ampia rilevanza, che coinvolge i singoli Paesi membri e li pone a confronto con altre realtà imperanti in questo ambito, quali Cina ed Usa.

A questa competizione, nonostante la sempre più stretta integrazione economica dell’UE, non possono rimanere estranee le singole realtà nazionali e regionali. I Paesi membri, che sono chiamati a sviluppare i propri piani di sviluppo, devono attrezzarsi per partecipare in modo adeguato nel sistema competitivo, offrendo ciascuno la propria peculiarità territoriale, amministrativa, legislativa o fiscale allo scopo di attirare investimenti e know-how tecnologico.

In questo contesto, la Commissione Europea ha introdotto - con il documento Europa 2020 - uno strumento per consentire un utilizzo più efficiente dei Fondi Strutturali ed un incremento delle sinergie tra le differenti politiche dell’UE, nazionali e regionali. Si tratta della strategia di specializzazione intelligente (Smart Specialization Strategy ovvero S3 o SSS) per la ricerca e l’innovazione.

Il concetto di Smart Specialisation Strategy indica strategie d’innovazione flessibili e dinamiche, concepite  - in genere - a livello regionale (territoriale e/o settoriale), ma valutate e messe a sistema a livello nazionale, con l’obiettivo generale di valorizzare i settori e/o domini di eccellenza, al fine di evitare la frammentazione degli interventi e la tendenza alla sovrapposizione di specializzazioni negli stessi campi.

L’approccio viene fatto proprio - in modo sistematico - anche dal Programma Horizon 2020, che ne sottolinea l’importanza in ciascuno dei tre pilastri del Programma (excellence in science, leadership industriale, sfide sociali) e imposta sinergie con i fondi strutturali e, più in generale, con la politica di coesione dell’Unione europea. In questo senso il concetto S3 intende ripartire e mettere a sistema gli interventi dei fondi europei (Horizon, Cosme, fondi strutturali) nel loro sostegno all’innovazione.

È da considerare, infatti, che l’attivazione di strategie di specializzazione intelligente, costituisce la condizione ex ante per l’accesso da parte delle autorità nazionali e regionali ai fondi strutturali dell’attuale ciclo di programmazione (2014-2020).

L’obiettivo si traduce, in Italia, a livello operativo, con il contributo che le autorità regionali stanno dando per massimizzare il potenziale basato sulla ‘conoscenza’, per sostenere la flessibilità degli investimenti e per valorizzare i settori ad alta potenzialità e strategici per il futuro (ad esempio l’ambiente, le tecnologie verdi, i servizi alla persona, ecc), anche attraverso il coinvolgimento diretto degli stakeholders del territorio (imprese, associazioni, università ed organismi di ricerca pubblici e privati). Il Miur, ad esempio, ha affidato ad una società (Invitalia S.p.A.) il compito di supportare le amministrazioni regionali nel delineare ed implementare la propria S3.

Peraltro, la necessità di rafforzare la collaborazione e il coordinamento tra domini e specializzazioni di eccellenza è ormai considerata l’elemento potenzialmente innovativo di molte riforme di sistema anche in Italia. Se si potesse escludere (con esagerato ottimismo) che queste riforme siano ragionate solo in termini di mero risparmio economico, ad esempio, la proposta di un nuovo assetto degli enti di ricerca, che attualmente è tra le discussioni politiche del governo, con la creazione di nuclei di eccellenza in base ai campi di specializzazione, richiama il principio S3.

Comunque, al di là del parallelismo con la citata proposta di riforma del governo, è da considerare centrale, nell’approccio S3, il concetto di valutazione e validazione delle strategie stesse, un processo che proprio per soddisfare questo obiettivo deve essere attuato prima dell’accesso ai finanziamenti. È necessario però promuovere la collaborazione non solo tra autorità regionali e nazionali, ma soprattutto tra ricercatori ed esperti dell’Unione europea e con organismi internazionali quali l’Ocse.

Non è semplice valutare a priori se questo approccio, che è moderatamente condivisibile, possa rivelarsi nel lungo periodo realmente vantaggioso. Gli ‘addetti della ricerca’, i lavoratori impegnati nelle università e negli enti di ricerca (in gran parte precari, peraltro) si scontrano, nella gestione quotidiana di progetti di ricerca, con difficoltà ben meno “smart” della valorizzazione degli ambiti di eccellenza. Infatti, il paradosso, purtroppo tipico della ricerca in Italia, è rappresentato dal fatto che i ricercatori e tecnologi sono troppo spesso impegnati in maniera rilevante nella risoluzione di problematiche nella gran parte dei casi di tipo burocratico-gestionali, invece che di tipo tecnico-scientifico, come invece dovrebbe naturalmente avvenire.

Eppure il concetto di promuovere pratiche che siano in grado di catturare le diverse realtà socio-economiche e dare frutto a strategie intelligenti, in linea anche con i principi di sostenibilità e coesione economica, potrebbe costituire un vantaggio competitivo di più ampio respiro e non solo a livello di sistema.

Un approccio nuovo e ambizioso che richiede però visione strategica, capacità gestionali innovative, regole e meccanismi adeguati a superare gli ostacoli burocratico-amministrativi e le incompatibilità giuridiche e finanziarie che impediscono la costruzione di un collegamento tra i diversi domini e programmi di ricerca (in particolare tra Horizon 2020 e i Fondi Strutturali).

In questo senso, un intenso processo di partecipazione in tema di tecnologie di specializzazione tra esperti e ricercatori, basato su un approccio intelligente per unire le specializzazioni ed i domini di competenza, potrebbe accrescere la forte relazione tra la capacità d’innovazione e la crescita economica.

Ma saremo in grado di sviluppare, in sede di applicazione, le sinergie necessarie per permettere, attraverso un approccio di sistema, il finanziamento di importanti progetti, costruiti integrando discipline, problemi, azioni e strumenti finanziari diversi, appartenenti a programmi differenti in un quadro economico globale?

Saremo in grado di definire asset innovativi e prospettive di sviluppo futuro, attraverso l’identificazione di «nicchie» o domini che possano rappresentare le basi del vantaggio competitivo (presente o futuro) nelle Aree di Specializzazione (AdS) individuate, vale a dire quelle nelle quali si esibisce un vantaggio competitivo oppure un potenziale per generare crescita qualificata e trasformazioni economiche per affrontare sfide sociali ed ambientali?

Oppure la ricerca in Italia continuerà ad essere oberata da procedure amministrative ed ostacoli burocratici spinosi ed irragionevoli?

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