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Sabato, 13 Dic 2025

Poiché ci dirigiamo verso una rivoluzione del sistema dei pagamenti, con le banche centrali sempre più interessate allo sviluppo di valute digitali, diventa istruttivo leggere un recente paper di Bankitalia che fa il punto sui nostri comportamenti quando facciamo acquisti.

La domanda da porsi è semplice: esiste una domanda effettiva di mezzi di pagamento alternativi al contante, o stiamo vivendo una suggestione alimentata da ragioni non direttamente inerenti alle nostre esigenze?

La risposta non può essere semplice, ovviamente. Ma possiamo provare a indovinarla osservando il modo in cui paghiamo i nostri acquisti, magari osservando il dettaglio delle differenze regionali che ancora insistono nel nostro territorio, partendo però da un dato generale. Nel 2018, quindi fino a un paio di anni fa, “l’Italia era l’ultimo paese nell’eurozona per l’uso di pagamento diversi dal contante, espressi per numero di transazioni per abitante”.

In sostanza, queste transazioni erano ferme a quota 111 a fronte delle 265 nel resto della zona euro. È bene ricordare che nell’eurozona, nel periodo di osservazione considerato, ossia fra il 2013 e il 2018, la popolazione è aumentata dello 0,3%, il pil pro capite del 2,9, mentre le transazioni non cash del 6%. Il che lascia immaginare che la domanda di questi servizi sia crescente. Anche in Italia, dove malgrado la quota ancora bassa di transazioni, la crescita è arrivata all’8,4%.

All’interno di questo dato coesistono molte eterogeneità. Come era facile immaginare, l’uso di strumenti di pagamento alternativi al contante è molto più basso al Sud e nelle isole. E questo accade per una serie di ragioni, non strettamente inerenti al fatto che questa parte del paese sia funestata dall’economia illegale, pure se esiste una forte correlazione fra quest’ultima e l’uso del denaro liquido. Contano anche i livelli di reddito, di istruzione, l’efficienza del tessuto produttivo e bancario. Il che finisce con l’avere effetti sullo sviluppo di questi territori, visto che “la limitata diffusione degli strumenti di pagamento potrebbe incidere negativamente sul piano economico crescita”.

Al contrario, “l’aumento dell’uso di strumenti di pagamento diversi dai contanti ha effettivamente un impatto positivo sull’economia, perché hanno un costo inferiore e garantiscono maggiore efficienza e trasparenza in transazioni economiche”.

Ma quello che vale per il Sud si può dire valga per l’intero paese quando si confronta con i partner europei. E non è certo un caso che la nostra posizione di fanalini di coda nell’uso di sistemi di pagamento alternativi coincida con un posizionamento altrettanto basso nell’indice di digitalizzazione del paese, come mostra il grafico sotto.

Limitandoci all’osservazione dei comportamenti di pagamento a livello regionale, la situazione è ben illustrata nel grafico a seguire.

Bankitalia nota che nel periodo considerato “la domanda di contante a fini di transazione misurata dal rapporto cash-card è diminuito in tutte le regioni italiane”, anche se nel Meridione questo rapporto “è rimasto sostanzialmente più alto della media nazionale”.

Nello stesso periodo, mentre aumentava la quota di pagamenti non cash in tutto il paese, con maggiore evidenza nel Sud rispetto al Nord, proprio il Sud mostrava la sua “resistenza” all’uso del contante, replicando in sedicesimo il comportando dell’Italia su scala europea. Per dirla diversamente: il Sud sta all’Italia come l’Italia all’Europa. “In tutte le regioni italiane – scrive Bankitalia – questo dato era inferiore alla media dell’area dell’euro, il che implica un ritardo diffuso su tutto il territorio nazionale”.

La questione meridionale è un problema italiano, com’è noto. La questione italiana un problema europeo, come stiamo imparando ogni giorno. Vale per l’uso del contante. Ma non solo.

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giornalista socioeconomico - Twitter @maitre_a_panZer

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