di Rocco Tritto
La nostra Carta Fondamentale, all’articolo 97, comma 3, parla chiaro: “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”.
Una norma di assoluta garanzia, che avrebbe dovuto assicurare il disposto dell’articolo 3, comma 1, della medesima Carta: ”Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge...”.
Ciò che sta emergendo in questi giorni nelle aziende (ex municipalizzate) del Comune di Roma rappresenta un vero e proprio oltraggio alla Costituzione.
Figli, mogli, amanti, segretari e tirapiedi di ogni genere dei potenti di turno hanno visto spalancarsi la porta di un posto di lavoro in barba a qualsiasi regola, grazie all’ignobile strumento della “chiamata diretta”, che un tempo veniva utilizzato solo per dare occupazione alla cosiddette “categorie protette”, regolate dalla legge.
Quella legge (n. 482/68), però, è stata modificata (dalla legge n. 68/99), sicché da più di un decennio anche i portatori di handicap devono sottostare a una regolare prova selettiva per poter accedere, sempre più raramente, a un impiego.
Ma il malcostume, che oggi investe, scandalizzando l’Italia intera, l’amministrazione comunale capitolina, affidata dai cittadini romani all’ex missino Alemanno, non ha risparmiato in un recente passato neppure il più grosso ente di ricerca del Paese.
Era il 29 dicembre del 2005 quando l’allora presidente del Cnr, Pistella, firmò un provvedimento di assunzione, per chiamata diretta, di 122 tra ricercatori, tecnologi e collaboratori. Costo per cinque anni, 25 milioni di euro.
A gridare allo scandalo e alla violazione della legge furono solo Usi/RdB e Il Foglietto.
Tutti gli altri, evidentemente, erano presi dai preparativi del cenone di fine anno.