di Adriana Spera
Fino a pochi giorni fa, nonostante all'incidente di Fukushima venisse via via attribuito un grado di pericolosità più elevato, abbiamo continuato ad ascoltare pareri di ogni genere.
Poi, nel mondo politico si è aperta una "pausa di riflessione", dettata più dalla paura di una débacle referendaria.
Tra gli ultimi a resistere nel difendere il dogma c'è il presidente dell'Agenzia per la sicurezza nucleare che, essendo un medico, dovrebbe invece avere a cuore la salute dei cittadini.
Diverso il caso di Maiani, professore di fisica teorica, presidente del Cnr, che in una intervista al Mattino del 17 marzo ha dichiarato:" All'energia da fonte nucleare non c'è alternativa".
Il professore, come Shoichi Yokoi (il soldato giapponese che si arrese solo nel 1972 a 28 anni dalla fine della guerra), continua a sostenere l'insostenibile, dimenticando che spenderemo circa 200 mld di euro per costruire e smantellare 4 centrali, che produrranno solo il 4% del fabbisogno nazionale di energia e dureranno 25/30 anni.
Inoltre, contrariamente a quanto da lui sostenuto, la scala INES definisce di livello 6 un incidente con un significativo rilascio all'esterno di materiale radioattivo, che provoca, senza immediate contromisure, gravi effetti sulla salute della popolazione.
Dopo ogni incidente nucleare di tale livello ci sono state centinaia di migliaia di morti nel raggio di 30 km per tumori e non solo.
Quanto ai controlli sulla sicurezza, essi non saranno possibili neppure sulle eventuali centrali italiane, perché la gestione non è mai partecipata, ma di tipo militare.
Per Maiani, infine, il rilascio di varie sostanze radioattive è una semplice "esplosione di tipo chimico". E il decommissioning a chi lo diamo?