di Adriana Spera
I viaggi a ritroso, in tempi ben più oscuri di quelli attuali, in cui ci conduce il vice presidente del Cnr Roberto De Mattei, pensavamo fossero terminati con il "decreto divino" contro il Giappone.
Nei giorni scorsi, invece, sempre dalle frequenze di Radio Maria, ha tracciato un'inquietante analisi del declino dell'antica Roma rispolverando un autore del secolo V, Salviano di Marsiglia. Costui nella sua opera De gubernatione contrappose ai vizi dei romani le virtù dei barbari, sostenendo che i primi erano lo strumento della divina provvidenza per colpire i trasgressori della sua legge.
Ciò che colpisce di più delle esternazioni del De Mattei è l'ossessione che egli ha del peccato, esso è ovunque e per questo meritiamo le punizioni divine. Un'ossessione che cozza persino con il suo noto creazionismo.
Come si giustifica la teoria della creazione se il risultato è una umanità tanto stolta da andare incontro ciclicamente ad epici declini di civiltà? Ma ciò che più inquieta è che una persona capace di distorcere la storia stia al vertice del più importante ente di ricerca italiano.
Dimentica che i romani furono fortemente influenzati dai greci per i quali l'omosessualità era parte del percorso formativo delle classi nobili, di quell'educazione alla libertà e al coraggio che permetteva agli eserciti di Atene, Sparta, Tebe, di essere imbattibili.
Dimentica il vice presidente del Cnr che tra quegli educatori vi furono filosofi e poeti tutt'oggi celebrati, come Sofocle, Saffo, Orazio e Marziale.
Dimentica che il declino di Roma fu dovuto alla svalutazione della moneta e alla crisi demografica, che la rese sempre più dipendente da altri popoli.
Pur citandolo, ignora persino che il Salviano con le sue teorie cercava di fare proseliti tra i barbari sospettosi verso Roma, passata da capitale dell'Impero romano a capitale del cristianesimo.