di Adriana Spera
Nei giorni scorsi, dopo la morte delle operaie del maglificio Cinquepalmi di Barletta, abbiamo assistito alla solita liturgia, con raffiche di dichiarazioni indignate.
Appena 24 ore dopo, quasi un'ulteriore beffa per quelle giovani vittime: Moody's ha declassato l'Italia perché la sua economia è vulnerabile in quanto presenta "debolezze economiche strutturali … principalmente la bassa produttività e rilevanti rigidità sul mercato del lavoro e dei prodotti", che le impediscono di crescere.
Eppure, proprio flessibilità, concorrenza e deregulation sono le cause principali di quelle morti. Quelle donne lavoravano senza contratto da 8 a 14 ore al giorno per meno di 4 euro l'ora.
Il titolare dell'impresa era a sua volta strangolato da grandi imprese, che commissionano a prezzi da rapina capi che poi sul mercato vengono rivenduti con ricarichi da capogiro. L'edificio che ospitava il maglificio era ubicato accanto ad un altro, demolito per far posto a chissà quale speculazione.
La costante di tutta la vicenda è l'assenza di controlli che permea ormai tutto il sistema Italia e che fa sì che non si paghino tasse, non si versino contributi, si devasti il territorio, tanto poi a pagare saranno i più deboli, che non avranno servizi né pensioni, ma che pagheranno un conto economico, fiscale e sociale sempre più salato.
Infatti, la Bce e Draghi chiedono, tra l'altro: "accordi a livello di impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende…revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento.. ulteriori interventi sul sistema pensionistico". Richieste ribadite dal recente "Manifesto" di Confindustria.
Peccato che, stando al libro di Salvatore Cannavò "Altre sanguisughe" (Aliberti ed.), Draghi dall'età di 59 anni percepisca una pensione netta mensile di 8.614,68 euro, oltre ai 757mila che riceve annualmente da Bankitalia.