di Adriana Spera
Negli ultimi dodici anni abbiamo subito venti manovre correttive per complessivi 575,5 miliardi di euro.
Il valore del mercato finanziario è arrivato nel 2010 a 95.000 miliardi di dollari di obbligazioni, gli scambi di azioni in borsa ammontano a 50.000 miliardi di dollari e i derivati a circa 600 mila miliardi di dollari. In totale circa dodici volte il Pil prodotto in un anno nell'intero pianeta.
Dopo la crisi dei derivati le banche e gli istituti finanziari hanno bisogno di recuperare una parte di quello che si è perso e allora spostano una grande quantità di denaro sui titoli di stato, vendendo e comprando a breve distanza di tempo per realizzare ingenti profitti a danno dei paesi che hanno una economia più debole e con un alto deficit pubblico.
Ne hanno fatto così le spese Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia. Qui i titoli di stato sono nelle mani di banche (15%); gruppi assicurativi esteri e fondi comuni europei (14,6%); privati (14%); banche estere (12,3% ), mentre l'11,4% appartiene a compagnie assicurative italiane e l'11,1% ad investitori internazionali.
La Cina, che già possiede gran parte del debito pubblico statunitense, in questi mesi sta acquistando un numero crescente di titoli di stato europei. A tutt'oggi ne possiede il 7% e si offre di salvare le nazioni che rischiano il default chiedendo in cambio agevolazioni per le sue esportazioni e il controllo di infrastrutture come i porti.
Nel frattempo utilizza la grande quantità di ricchezza finanziaria, prodotta dallo sfruttamento della sua classe operaia, per comprare aziende che operano in svariati settori ed entrare con il suo capitale finanziario nelle banche di tutto il mondo.