Redazione
Dare del "lanacaprinista" a chi si attarda in ragionamenti pseudo sottili, come tali privi di pregio, non costituisce reato.
Lo dice la Corte di Cassazione, alla quale si è rivolto un avvocato, invitato, con un articolo apparso su un periodico, "a fare il penalista, non il lanacaprinista". Sentitosi offeso, il legale si era rivolto al tribunale che aveva accolto la sua doglianza. Di diverso avviso la Corte d'appello, che aveva assolto il giornalista. Assoluzione confermata dalla Cassazione (Sent. n. 24118/2012), secondo la quale, anche se il termine può aver toccato la suscettibilità dell'avvocato, non può però considerarsi come avente una valenza denigratoria.
Per gli Ermellini, infatti, "il termine 'lanacaprinista' rimanda alle 'questioni di lana caprina' di cui vengono accusati coloro che si attardano in dispute sottili e oziose, che non hanno rilevanza concreta".
Pertanto, chi la fa lunga quando parla, non può poi sentirsi offeso se viene tacciato di pedanteria.