di Rocco Tritto
La recente sentenza della Corte Costituzionale (n. 223 dell’11 ottobre 2012) ha sancito di fatto, da un lato, la inattaccabilità delle retribuzioni dei magistrati di ogni ordine e grado e, dall’altro, la illegittimità della decurtazione del 5% per i dirigenti pubblici del trattamento economico per la parte eccedente i 90 mila euro annui e del 10% per quella eccedente i 150 mila.
In quest’ultimo caso, i giudici della Consulta hanno eccepito che “l’irragionevolezza non risiede nell’entità del prelievo denunciato, ma nella ingiustificata limitazione della platea dei soggetti passivi”, per cui risulta violato l’art. 3 della Carta Fondamentale.
In pratica, sembra di capire che la decurtazione andava fatta nei confronti di tutti i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, senza limiti di reddito.
Quindi anche nei confronti dei quasi tre milioni di lavoratori pubblici, i cui redditi medi lordi annui non superano i 20/25 mila euro e che dopo aver subito la cancellazione del rinnovo contrattuale 2010-2013 e il blocco (senza possibilità di recuperi futuri) delle progressioni economiche, di livello e di passaggio di fascia stipendiale, ora si sono visti tagliare fino a tutto il 2014 anche quella miseria della vacanza contrattuale.
Ma non è finita se è vero, come è, che ancora una volta il governo Monti, tutt’altro che espressione del popolo italiano, ha pensato bene di operare, con il disegno di legge di stabilità, ulteriori tagli alla sanità pubblica e di mettere le mani in tasca ai soliti poveri tartassati, che hanno la “fortuna” di avere un reddito superiore a 15 mila euro lordi annui (sic!) arrivando addirittura a istituire una franchigia fissa di 250 euro per gli oneri deducibili da indicare nel modello 730 e un tetto massimo di 3000 euro per le detrazioni fiscali al 19% (mutui, polizze, tasse universitarie et similia).
Per non parlare, poi, dell’attacco indiscriminato alla legge 104, che sta gettando nello sconforto, come testimoniano i tanti messaggi che stanno invadendo i blog, migliaia di famiglie che hanno la sfortuna di avere familiari affetti da gravi patologie invalidanti.
Prese di mira anche le indennità di accompagnamento per i portatori di handicap, le pensioni di invalidità e di guerra, che d’ora in poi verranno tassate.
Ciò che lascia basiti è il silenzio assordante di quelle forze politiche che, mentre a parole dicono di essere dalla parte delle fasce più indifese della comunità, dall’altra si mostrano totalmente acquiescenti rispetto alle decisioni del governo, trasformandole, senza se e senza ma, in leggi, a colpi di voti di fiducia.