di Antonio Del Gatto
La litigiosità sul posto di lavoro è, purtroppo, sempre in agguato e non è detto che veda in ogni caso contrapposti il lavoratore al datore di lavoro.
Anzi, sempre più spesso accade che la zuffa si scateni tra colleghi, con il rischio concreto di perdere il posto di lavoro.
Ne sanno qualcosa due dipendenti toscani che, durante l’orario di lavoro, sono passati da una accesa discussione alle vie di fatto, con la conseguenza che nei confronti di uno dei due è scattato il licenziamento.
Inevitabile il ricorso, dapprima in Tribunale, poi in Corte d’Appello e, da ultimo, in Cassazione.
Sono stati proprio gli Ermellini di piazza Cavour a “salvare” il lavoratore dall’inferno del licenziamento in cui era precipitato.
Con la sentenza n. 5280 del 4 marzo 2013, la Sezione Lavoro (Pres, Lamorgese, Rel. Tria) ha stabilito che non è legittimo il licenziamento del lavoratore che si è azzuffato con il collega se non c’è la prova di come sia iniziato il contrasto fisico, visto che la modalità di come sia scaturita la lite è fondamentale per stabilire la giusta causa di fine rapporto.
La Suprema Corte ha ritenuto, dunque, erroneo il giudizio della Corte d’Appello di Firenze che aveva sottovalutato la mancanza di prova sullo specifico momento in cui tra i due colleghi era sopravvenuto il corpo a corpo.
Tale momento, secondo la Cassazione, è fondamentale per stabilire chi sferrò il primo colpo e chi, invece, si è dovuto difendere, con la conseguenza che, nel dubbio, il licenziamento disposto nei confronti di uno dei due contendenti è stato ritenuto eccessivo e, quindi, illegittimo.
Chissà se il pericolo scampato,servirà di lezione, per il futuro, ai due irascibili lavoratori.