di Roberto Tomei
Alla vigilia delle ultime elezioni politiche, illustrando il funzionamento del Porcellum, lo descrivemmo come un meccanismo assai dispettoso, come poi purtroppo si rivelò, capace finanche di sfornare maggioranze diverse nelle due camere, lasciando così il Paese nell’ingovernabilità.
Scoppiando tra le mani di quella classe politica che lo aveva confezionato, senza mai darsi veramente la briga di abolirlo o correggerlo, dato che avrebbe avuto tutto il tempo per farlo, l’ordigno Porcellum, tra le macerie, ha lasciato innanzitutto il bipolarismo, principio cardine della Seconda Repubblica nata da Tangentopoli.
Ma il bipolarismo era nient’altro che un morto che camminava.
Già prima, “sotto la spinta dei mercati e la pressione dello spread” - almeno così ce l’hanno raccontata - la crisi sembrava insolubile e, da parlamentare, la nostra repubblica era diventata “presidenziale di fatto”, sicché élite sempre presenti e operanti ma solitamente recalcitranti ad assumersi dirette responsabilità pubbliche, erano state chiamate a salvare il paese.
L’esito della loro azione è sotto gli occhi di tutti e si può descrivere con il laconico comunicato che riassume certi (in)successi della chirurgia: l’operazione è riuscita ma il paziente è morto.
Ora, se l’Italia non è morta, quanto meno è in fase preagonica, anche se la televisione - magari per farci coraggio - da qualche tempo ci propone quotidianamente casi di imprese virtuose (meno male che ce ne sono, per carità), che mostrano di saper fronteggiare la crisi.
La realtà, purtroppo, è che sono rondini che non fanno primavera. E’ vero, infatti, che le imprese chiudono e le famiglie sono allo stremo, che non c’è lavoro per i giovani e la pensione non basta agli anziani.
Sono questi i problemi della gente, che la politica deve affrontare e cercare di risolvere. E’ ora di agire. No perditempo.