di Roberto Tomei
Tutt’altro che per incanto, ma solo grazie alla pervicacia di Usi-Ricerca e del Foglietto (vedi articolo di Rocco Tritto), nella serata di giovedì scorso la Presidenza del consiglio ha finalmente reso noto il decreto di nomina di Antonio Golini a facente funzioni di presidente dell’Istat e non a presidente pro tempore, come tutti credevano.
Se Montale avrebbe voluto essere scabro ed essenziale, il presidente del consiglio, Enrico Letta, vi è riuscito perfettamente, grazie all’invenzione del "facente funzioni", trovata che esclude l’azzeramento del cda dell’ente statistico che, invece, sarebbe dovuto seguire alla nomina di un commissario.
Un facente funzioni non previsto da nessuna parte, né registrato dai principali manuali di diritto amministrativo, che il premier nel decreto si precipita a definire provvisorio, nelle more dell’avvio della procedura per la nomina del presidente.
Sennonché, mentre é sicuro che, dopo tre mesi, tale "avvio" non c’è ancora stato, è probabile che, non avendo il governo delle larghe intese la maggioranza dei due terzi nelle commissioni affari costituzionali necessaria per la nomina del presidente, il facente funzioni possa trasformarsi, more italico, in definitivo.
Ma ciò che più stupisce è il preambolo del provvedimento, in cui è contenuta la premessa che lo giustifica. Ebbene, la nomina del facente funzioni viene fatta discendere dall’impedimento o dall’assenza del presidente dell’ente statistico, circostanze, entrambe, che presuppongono un presidente in carica, laddove invece, nel nostro caso, un presidente non c’è più, dato che Giovannini si è dimesso il 28 aprile scorso, com’era tenuto a fare per legge, se voleva entrare a far parte del governo, dove ricopre l’incarico di ministro del lavoro. Dimissioni, di cui nel decreto Golini non v'è traccia, ma che in nessun caso possono essere considerate un "impedimento temporaneo del Presidente dell'Istituto", nè tantomeno sinonimo di "assenza" del medesimo.
Siamo dunque in presenza di presupposti erronei e contraddittori, dai quali scaturisce un atto nullo se non addirittura inesistente, con l’aggravante che stavolta si fa fatica a trovare qualcuno che possa accampare scuse di sorta, sostenendo di aver agito "all’oscuro" di tutto o "a sua insaputa", locuzione da qualche tempo assai in voga tra i nostri politici.
Alle figuracce siamo abituati, ma qualcuno dovrebbe pensare anche al contenzioso che da questo pasticcio potrebbe venire fuori, una volta che il facente funzioni comincerà ad adottare propri provvedimenti, tutti inevitabilmente esposti a essere annullati in sede giurisdizionale.
Quel che è certo è che il decreto è apparso sul sito dell’Istat nel primo pomeriggio di venerdì 19 luglio, solo dopo che Usi-Ricerca e Il Foglietto avevano fatto i diavoli a quattro per averne copia.
Non si capisce perciò a che titolo il Golini il 15 luglio si sia recato a via Balbo, dove ha anche indirizzato un comunicato di saluto ai dipendenti, e ai sindacati, né per quale motivo tutto ciò gli sia stato consentito.
Quando questa strampalata vicenda è cominciata, la prima a dare orgogliosamente la notizia della nomina di Golini a presidente pro tempore dell’Istat, poi ridotto a facente funzioni, è stata l’Accademia dei Lincei, di cui lo stesso Golini è membro.
Sembrava una storia incredibile, invece avevano ragione i Lincei, che non per caso si chiamano così, avendo dimostrato ancora una volta di saper vedere lontano.
Forse più lontano ha visto Il Foglietto, che ne ha colto sin dall’inizio tutti i limiti e le contraddizioni di una tipica operazione politica all’italiana.