Giornale on-line fondato nel 2004

Sabato, 27 Apr 2024

di Roberto Tomei

Difficile affermare che non siano stati i professori quelli che ci hanno formato e fatto crescere. Ciò è tanto vero che alcuni, tra cui chi scrive, avrebbero voluto diventare, appunto, professori. La vita dello studioso, non c’è dubbio, è affascinante perché ci si trova davanti sempre a nuove tematiche che rendono la professione meno noiosa e ripetitiva.

Se poi si ha il piacere di formare i giovani, il cerchio si chiude e, oltre a essere bravi ricercatori, si può essere anche bravi maestri.

Purtroppo, le regole del gioco che presiedono all’immissione nella docenza universitaria presso gli atenei nostrani, almeno negli ultimi quarant’anni, nonostante i ripetuti aggiustamenti, fatti passare per riforme epocali, sembrano non riuscire proprio a garantire sempre la vittoria, come dice la Costituzione, dei più capaci e meritevoli, come risulta dalle ripetute e tristi notizie di stampa che ci aggiornano sulle continue indagini penali.

C’era un tempo in cui i concorsi spesso si concludevano dopo molti anni, alimentando leggende metropolitane su quale materia, oggi chiamata settore, detenesse il record di durata.

Poi è intervenuta la legge 241 del 1990, che, come è noto, ha tra l’altro fissato un termine entro il quale ogni procedimento, anche quello concorsuale, doveva chiudersi. In termini concreti, questo ha soltanto significato che le angosce dei candidati duravano meno di prima.

Fino alla metà degli anni ’90, poi, i concorsi a cattedra si svolgevano a livello nazionale, con una sola commissione per ciascuna materia. Si dice che in certe materie siano stati banditi, in un  colpo solo, tanti posti quanti non ne erano mai stati messi a concorso dall’Unità d’Italia fino a quel momento.

Si passò poi a una rivoluzione spacciata come epocale, vale a dire ai concorsi locali, che si concludevano, quasi sempre, con la vittoria del candidato proveniente dall’ateneo che aveva bandito il concorso,  e con la dichiarazione di idoneità di altri due candidati. Erano, poi, le Università che provvedevano a  chiamarli in cattedra.

Si è così andati avanti tra polemiche, ricorsi, denunce, interventi della magistratura e fiumi di inchiostro versati sui giornali, fino  all’entrata in vigore della legge 240 del 2010, battezzata “Riforma Gelmini” e audacemente presentata come la svolta decisiva che avrebbe garantito l’avvento della tanto invocata e attesa meritocrazia.

Finalmente, si sperava, non più cervelli in fuga.

Che dire se non  “All’apparir del vero, tu misera cadesti”. L’espressione del grande Leopardi non può che accompagnare la laconica constatazione che il meccanismo introdotto appare di primo acchito  assolutamente identico a quello in vigore prima dell’avvento dei concorsi locali, con la differenza che oggi la commissione nazionale conferisce soltanto la cosiddetta abilitazione, avente durata quadriennale (cioè scade!).

Per ogni settore scientifico, si arriva così a un elenco di abilitati, che hanno titolo per rispondere alle “chiamate” che dovessero partire, ai sensi dell’art. 18 della predetta legge 240, da una qualche università, alla quale comunque, a livello locale, spetterà fare la scelta tra gli “abilitati-candidati”.

Da spettatori si può solo tristemente osservare come la discrezionalità delle commissioni continui a suscitare scandali giornalistici; da candidati forse si prova qualcosa in più.

Che le cose, e non da oggi, non vadano proprio per il verso giusto, lo hanno capito persino Oltralpe, se è vero, come è, che un autorevole accademico spagnolo, Francisco Balaguer Callejon, professore di Diritto costituzionale all’Università di Granada, come riportato dal Fatto Quotidiano del 6 ottobre scorso, si è dimesso dalla Commissione nazionale, denunciando l’esistenza di una commissione fantasma, che opererebbe al fianco della Commissione nazionale, influenzando le sorti del concorso per professore di Diritto costituzionale.

Sono in tanti a chiedersi che cosa sia cambiato rispetto al passato. Non certo la delusione.

E’ un vero peccato perché, nonostante tutto, in Italia ci sono bravi ricercatori, che si sacrificano ogni giorno per stipendi quasi da fame, e professori che sono veri maestri,  non solo sul piano scientifico, ma anche su quello umano. Una situazione penosa, soprattutto per i giovani, che assistono a questo spettacolo e, per di più, sono quotidianamente presi di mira per la loro comprensibile mancanza di fiducia in tutto quello che li circonda.

empty alt

26 aprile 1986: il disastro nucleare di Chernobyl

In Ucraina, la mattina del 26 aprile 1986 si verificava il più grande disastro industriale della...
empty alt

Ex base Nato di Monte Giogo, presto in concessione al Parco nazionale dell’Appennino

La Direzione toscana del Demanio ha ufficialmente comunicato al Parco nazionale dell’Appennino...
empty alt

Venosa, splendido territorio ricco di tracce del passato, ceramiche e pregiati vini

In groppa alla docile mula “Bellina”, sulla “vardedda” zio Pasqualino, due “panari” di uova della...
empty alt

Licenziamento illegittimo se il dipendente comunica solo all’Inps il nuovo domicilio

Con ordinanza n. 838/2024, pubblicata in data 28 marzo scorso, la Corte di cassazione - sezione...
empty alt

“Confidenza”, il film della settimana proposto dal Foglietto

Confidenza, tratto dall’omonimo romanzo di Domenico Starnone (Edito da Einaudi), regia di Daniele...
empty alt

“Università e militarizzazione” ovvero “Il duplice uso della libertà di ricerca”

Università e militarizzazione – Il duplice uso della libertà di ricerca di Michele Lancione – Eris Edizioni...

Ti piace l'informazione del Foglietto?

Se ti piace quello che leggi, puoi aiutarci a continuare il nostro lavoro sostenendoci con quanto pensi valga l'informazione che hai ricevuto. Anche il costo di un caffè!

SOSTIENICI
Back To Top