di Roberto Tomei
Il Tar Sicilia, con una recentissima sentenza (n. 2341 del 2 dicembre 2013), nel dichiarare in parte infondato e in parte inammissibile il ricorso proposto avverso la revoca di una concessione cimiteriale, ha affermato la legittimità di un regolamento comunale nella parte in cui ha disposto la trasformazione delle concessioni cimiteriali stesse da perpetue in temporanee di lunga durata.
Ritiene il collegio “che la natura demaniale dei cimiteri sia di ostacolo alla configurazione della perpetuità delle concessioni cimiteriali che, nella sostanza, in tal modo, finirebbero per occultare un vero e proprio diritto di proprietà su un bene demaniale”, chiaramente incompatibile con la finalità pubblica di quest’ultimo.
Diciamo subito che, in punto di diritto, il ragionamento è tutt’altro che peregrino.
Così come “lunga durata” è sicuramente qualificazione diversa da quella di “perpetuità”. La qual cosa, in poche parole, significa che il defunto, prima o poi, rischia di essere sfrattato. Insomma, ai morti, d’ora in avanti, manco più si potrà augurare il “requiescant in pace”.
Di privatizzazione in privatizzazione, non ci meraviglieremmo se spuntasse la proposta di estendere ai cimiteri la disciplina della multiproprietà.
A immaginare una rivoluzione siffatta, forse Foscolo non avrebbe scritto I sepolcri e noi (mi riferisco a quelli della mia generazione) non avremmo dovuto mandarli a memoria.
Sia come sia, dobbiamo, in ogni caso, prendere atto di come a distanza di anni suoni ancora terribilmente attuale il grido, a suo tempo forse incompreso, lanciato dall’indimenticabile principe Antonio de Curtis, in arte Totò: “Terra ai contadini, ferrovie ai ferrovieri, cimiteri ai morti”.