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Domenica, 12 Mag 2024

Nel numero del mese di agosto 2014, é stato pubblicato su Le Scienze un articolo sul problema del rischio Vesuvio.

Nella lettura dell'articolo sono stato negativamente sorpreso come della rassicurante situazione che é stata rappresentata non ci sia stato alcun contraddittorio, venendo riportati solo i pareri tecnico-scientifici del vulcanologo Prof. Mauro Rosi, Vice-Presidente della Commissione Grandi Rischi della Protezione Civile (PC) e dell'attuale Direttore dell'Osservatorio Vesuviano, Dott. Giuseppe De Natale. Tra l'altro il Prof. Rosi, in merito all'Ospedale del Mare, si abbandona a considerazioni che incidentalmente sono le stesse che sostiene sempre il prof. Eduardo Cosenza, responsabile della PC della Regione Campania, che pervicacemente difende tale scellerata ubicazione, sostenendo che non si possono privare i cittadini dell'area vesuviana di un servizio civile essenziale come un Ospedale.

Sono intervenuto a più riprese, con il collega vulcanologo della Federico II, Prof. Giuseppe Rolandi, negli ultimi 15 anni, sui media internazionali, sulle pagine di vari giornali e con articoli scientifici, in merito al poco sostenibile Piano di evacuazione dell'area vesuviana in previsione di una eruzione futura che può verificarsi anche con pochissimo preavviso e alla poco felice ubicazione dell'Ospedale del Mare nella sua attuale collocazione in piena Zona Rossa. Intervengo per l’ennesima volta sul tema, rivolgendomi soprattutto ai cittadini e non ad una comunità scientifica che fa finta di non sapere.

Un Piano di evacuazione va benissimo che ci sia (non è questo il punto), purché si precisi che il Piano di evacuazione può “funzionare” solo nel caso ì cittadini possano avere il tempo di mettersi in salvo. L’assunto estremamente ottimistico sul quale si basa il Piano di evacuazione della PC, con l'avallo degli scienziati di Corte, vale a dire che ci sarà abbastanza tempo per “prevedere” una eruzione, è tutto da dimostrare. Ma se la scelta è quella di dimostrarlo giocando ai dadi con la vita di centinaia di migliaia di persone, va benissimo.

Una PC che si possa definire tale, supportata da una comunità scientifica consapevole ed all’altezza del compito, dovrebbe prendere in considerazione lo scenario più pessimistico possibile, e non quello che fa tanto comodo al politico di turno.

La soluzione che dal 2004 continuo a ritenere come valida alternativa è quella della costruzione di ampie vie di fuga, in ragione del fatto che si possa verificare una eruzione con nessuno o con pochissimo preavviso (questo è quanto si è verificato anche in tempi recentissimi in vulcani delle Antille tenuti sotto osservazione dal Prof. Steve Sparks dell’Università di Bristol) rispetto al poco realistico Piano di evacuazione.

Tale soluzione fu sostenuta per la prima volta dal Prof. Sparks, uno dei massimi vulcanologi al mondo, durante un Convegno internazionale organizzato dal sottoscritto a Napoli nel 2004. Il Prof. Sparks in quella occasione mise in evidenza, proprio alla luce di una possibile eruzione con pochissimo preavviso, e anche in considerazione di possibili falsi allarmi, l'assurdità del Piano di evacuazione preparato dalla PC Italiana per il Vesuvio, indicando che l'unica possibile alternativa fosse la costruzione di ampie vie di fuga intorno al Vesuvio, per consentire una evacuazione autonoma dei cittadini nel giro massimo di 24 ore.

Penso che l’Assessore Prof. Cosenza (e con lui il Prof. Rosi) ben conosca la situazione della viabilità intorno al Vesuvio. Ho poi sostenuto, in uno con il Prof. Rolandi, questo punto di vista in svariati interventi, auspicando che si creasse intorno al problema Vesuvio un movimento intellettuale a favore della costruzione delle vie di fuga, alla stregua di quanto fece Matilde Serao con la promozione dello sventramento di Napoli di fine 800. Con il prof. Rolandi, mi sono sempre espresso contro l'idea dello sradicamento forzato delle popolazioni vesuviane dal loro territorio, proprio in considerazione del lungo riposo e quindi del tempo che ci sta dando il Vesuvio per provvedere all'unica soluzione ragionevole: la costruzione di ampie vie di fuga per evitare una ecatombe a centinaia di migliaia di vesuviani e per far sì che i vesuviani possano decidere in autonomia il proprio destino.

Approntare quindi Piani di emergenza, senza pensare ad irrealistici sradicamenti della popolazione, non effettuare operazioni a rischio (come sondaggi profondi in aree vulcaniche attive, altamente urbanizzate), informare la popolazione in modo opportuno e capillare, senza inutili sensazionalismi mediatici, é un obbligo assoluto della scienza e della politica.

Nello stesso tempo, informando anche correttamente la popolazione sui limiti della scienza nella "previsione" di fenomeni naturali complessi, quali sono le eruzioni vulcaniche, bisogna che la politica si impegni a far sì che si adottino tutte le misure atte ad evitare l'incremento dissennato della densità abitativa delle aree urbanizzate Vesuviane (e Flegree), che comunque sono esposte ad un rischio elevato. Il tutto ricordando che il numero dei vani nella Zona Rossa si è raddoppiato negli ultimi 30-40 anni (dati del prof. A. L. Rossi). A quanto pare però la stessa Regione Campania si adopera a che sia lanciato l’ennesimo condono edilizio che dovrebbe legittimare tutti gli abusi commessi, a cominciare ovviamente da quelli nella Zona Rossa.

A tutto questo si aggiungono le ripetute prese di posizione del Prof. Cosenza che, nella sua veste di Assessore (nonché di collaudatore dell'Ospedale), continua a sostenere che lui l’Ospedale lo ricostruirebbe là dove esso è attualmente in fase di completamento, in ragione della sua "sicurezza" e per il fatto che non si possono lasciare i cittadini Vesuviani senza una struttura civile come un Ospedale (vedi dichiarazioni fotocopia del prof. Rosi della PC).

A queste affermazioni hanno fatto eco (Il Mattino, 9.6.2014, p. 38-39) le considerazioni del Tecnico Ing. Ciro Verdoliva (Direttore dei Lavori dell'Ospedale), secondo il quale, "l’edificio è caratterizzato da strutture tali da sopportare sollecitazioni sia sismiche che vulcaniche. La copertura per esempio può supportare il sovraccarico per l’eventuale accumulo di materiale vulcanico”. In uno con il prof. Rolandi, ho più volte risposto che continuare a spacciare la “sicurezza” della struttura, in ragione della sua antisismicità e capacità di sostenere il carico dei prodotti vulcanici, significa voler continuare a disinformare i cittadini facendo equivoco fra rischio sismico e vulcanico, il tutto nel silenzio-assenso assordante di vari organismi scientifici istituzionali.

Non ho il minimo dubbio che l’Ospedale sia stato costruito a regola d’arte dal punto di vista sismico, anche in considerazione degli eccellenti collaudatori che ha avuto  (il Prof. Cosenza, in primis). E non ho nemmeno dubbi che possa sopportare il sovraccarico per l'eventuale accumulo di materiale piroclastico vulcanico.

Ciò che si fa finta di ignorare è che il fattore di rischio vulcanico più devastante in zone prossime al vulcano sia rappresentato dai flussi piroclastici, cioè da correnti piroclastiche che scorrono al suolo con velocità di oltre 200 km/ora e con temperature di oltre 5-600°C, e quindi, in grado di “tranciare” strutture ben più resistenti dell’Ospedale “sicuro”. Questo vuol significare che il prof. Cosenza non comunica con i Responsabili del Rischio Vulcanologico della PC; oppure che detti esperti non siano bene a conoscenza loro stessi di cosa siano i flussi piroclastici; oppure gli uni e gli altri facciano i finti tonti.

Sarebbe però opportuno a questo punto che le Autorità di PC (Regionale e Nazionale) spiegassero ai cittadini perché mai e in base al parere di chi, l’Ospedale, con opportuna variante di Piano Regolatore del Comune di Napoli, fu spostato da una Zona di massima sicurezza (posta a 11 km dal cratere) nell’attuale Zona di massima insicurezza (posta a 7,5 km dal cratere), e per di più in un’area dove nella carta vulcanologica del Vesuvio (finanziata dalla stessa Regione Campania) è mappata la presenza di flussi piroclastici dell’eruzione del 1631.

Se è pur vero che i vulcanologi, passati e presenti, non sono tenuti a sapere perché le Autorità che loro supportano con il silenzio/assenso abbiano preferito far sorgere un Centro Commerciale (Auchan) nella Zona a massima sicurezza, preferendo spostare l’Ospedale in quella a massima insicurezza, possono almeno dire ai cittadini cosa pensano loro di questa scelta scellerata?

In buona sostanza, la componente scientifica della PC, è d’accordo con il Prof. Cosenza che l’Ospedale andrebbe ricostruito là dove esso è attualmente in fase di costruzione, in ragione del fatto che i "cittadini vesuviani devono avere una struttura di servizio quale un Ospedale"? Forse che se l'Ospedale fosse stato costruito in zona di maggiore sicurezza (a 11 km dal cratere, e sempre in frazione Ponticelli di Napoli) i cittadini vesuviani sarebbero stati privati di un servizio civile quale un Ospedale?

Eppure é molto semplice scoprire il perché di questo scellerato spostamento. Basta che si informino su chi fossero i proprietari dei terreni sui quali era prevista la costruzione dell'Ospedale, e che ora ospita il mega-centro commerciale Auchan (sempre in frazione Ponticelli di Napoli)!

Nel divulgare il Piano di evacuazione le Autorità dovrebbero spiegare, che caso unico al mondo, in caso di eruzione, la prima struttura da evacuare dovrebbe essere appunto un Ospedale, alias una struttura che in casi di emergenza si dovrebbe “riempire” non certo svuotare. Inoltre la Regione Campania dovrebbe anche porsi il problema che avallare la costruzione di una struttura pubblica quale l’Ospedale del Mare in Zona Rossa, costituisce di per sé un incentivo alla proliferazione dell’abusivismo.

Il cittadino si chiede: ma se le Autorità (con il supporto e/o il silenzio-assenso della comunità scientifica) avallano la costruzione di una siffatta opera in Zona Rossa, perché non dovrei costruirci la mia casetta?

Prima di ogni cosa bisogna essere credibili, e ciò che viene propinato ai cittadini non è credibile, né politicamente né scientificamente.

* Professore Ordinario in Geochimica Ambientale presso l'Università di Napoli Federico II e Adjunct prof. presso Virginia Tech, Blacksburg, VA, USA

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