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Giovedì, 04 Lug 2024

L’esplosione demografica, la concentrazione delle popolazioni in grandi megalopoli, l’esaurirsi delle risorse energetiche tradizionali, l’inquinamento dell’aria, del suolo e delle risorse idriche, i disastri naturali ricorrenti (terremoti, alluvioni, eruzioni vulcaniche, frane), la velocizzazione della variabilità climatica, sono processi drammaticamente in atto che investono a tutte le scale il rapporto delle popolazioni con l’ambiente, il territorio e la salute umana.

In particolare, i disastri naturali che con sistematica frequenza si verificano in Italia ripropongono il problema del monitoraggio e della politica del territorio.

A questo problema non è mai stata data una risposta adeguata, ma si è continuato, sulla spinta delle catastrofi e delle conseguenti emozioni, a operare con soluzioni di emergenza.

Una risposta adeguata alla vulnerabilità del nostro territorio dovrebbe essere la riorganizzazione, su basi moderne, di un Servizio Geo-Ambientale, strutturato come Agenzia di Servizio e Ricerca, completamente svincolata dalla Politica, prendendo a modello l'USEPA (U. S. Environment Protection Agency) e l'USGS (United States Geological Survey).

Ma a monte di questo organismo operativo, a livello di formazione nelle Università, dovrebbero esistere strutture interdisciplinari, la cui missione principale dovrebbe essere quella di coordinare la ricerca di base e la didattica su tutte le tematiche che si pongono l’obiettivo di migliorare la capacità di lettura del Territorio.

A livello internazionale, laddove l’autonomia delle Università è un fatto reale, sono stati chiusi, anche in Università di prestigio, i Dipartimenti di scienze della terra (senza, però, eliminare né le materie né i Professori delle relative discipline), sulla base della evidenza della minore attrattività di risorse (sia umane che materiali) delle scienze della terra rispetto a discipline quali la biologia, la fisica, la chimica, l’ingegneria e altro. Ciò perché gli scienziati della Terra sono  “consumatori” ma non “produttori” di tecnologie. Essi sono sostanzialmente  degli Applicati, nel senso che utilizzano gli strumenti della chimica, della fisica, della matematica, ecc.. per studiare i “sistemi” naturali di loro interesse.

Da ciò ne consegue che, nonostante l’importanza che ha assunto il “problema ambiente” nell’economia e nella politica a livello globale, gli scienziati della Terra, che dovrebbero essere i principali attori in questo settore non riescono assolutamente ad “occupare” la scena mediatica  come dovrebbero, facendosi oscurare da fisici, chimici, ingegneri, i quali il più delle volte si inventano competenze che assolutamente non hanno.

Se tutto quanto sopra esposto non viene capito a livello generale dipende anche dal fatto che non c’è assolutamente coscienza delle vaste opportunità che si creerebbero per tanti, se ci si aprisse alla "diversità" come fattore di arricchimento, non restando romanticamente ancorati al fatto che un Dipartimento che si occupi del sistema Terra debba essere riservato solo a geologi, geofisici, geochimici e altro.

Tutti perdono di vista che il vero passo in avanti dovrebbe consistere nel dimenticare le proprie particolarità, per andare decisamente nella direzione di strutture che coinvolgano quante più competenze possibili nei settori dell’Ambiente e del Territorio.

Questo però non si deve tradurre in un’operazione di facciata, ma si tratterebbe piuttosto di ridefinire in modo coerente i curricula delle Lauree Triennali (che più può opportunamente dovrebbero essere Quadriennali) e Magistrali, dimenticando del tutto la logica dei settori disciplinari.

Nella nostra realtà culturale ancora si dà spazio a localismi e scelte clientelari che hanno portato, per esempio, alla creazione di svariati Corsi di Laurea in diverse sedi periferiche, con bacini di utenza assolutamente insufficienti.

Cosa ci guadagna la formazione degli studenti e l’erario? Solo danni, sia per gli studenti che per le casse dello Stato, e vantaggi clientelari per i professori che "governano" queste logiche.

Nel breve termine, il sistema andrà nella direzione già intrapresa nel mondo anglo-sassone: taglio dei rami secchi e di chi non ha la capacità di capire che si deve immettere linfa nuova. La logica particolaristica è senza futuro.

Partendo dal presupposto che la diversità costituisce un elemento di rafforzamento delle scienze e considerato che nella nuova strutturazione dell'Università, i Dipartimenti sono anche responsabili della didattica, dalla Laurea Triennale fino al Dottorato, le specializzazioni hanno senso a livello di Laurea Magistrale e Dottorato, ma non certamente a livello di Laurea Triennale.

I nuovi Dipartimenti della Scienza per l'Ambiente e il Territorio, dovrebbero raccogliere diversità a livello di insegnamento di base (LT), per poi dedicarsi alle specializzazioni a livello di LM e Dottorato (con la creazione di indirizzi biologici, geologici, ed altri).

In parole semplici,  si dovrebbe fare una chiara distinzione  di insegnamenti a livello di Teaching University (LT = Bachelor, che andrebbe riportata a 4 anni) rispetto a quelli di una Research University (LM = Master + Dottorato = PhD). A livello della Teaching University il 50% (3 semestri) dei corsi dovrebbero essere comuni a tutte le discipline e il 50% dovrebbero essere di indirizzo (i Corsi Majors dei Bachelor Americani).

Questo é quanto succede in tutte le Università serie del mondo.

Bisognerebbe incamminarsi su questa strada, se si vuole stare al passo con il mondo sviluppato, rompendo con le logiche degli interessi particolari e degli "equilibri" localistici e clientelari. Bisognerebbe improntare ricerca e formazione ad una costante attenzione all’intervento sul territorio, integrando le conoscenze scientifiche di tutte quelle expertise di confine che aprano ad un fecondo scambio con domini scientifici e professionali contigui, quali la medicina, l’ingegneria del territorio e dei materiali, l’architettura, le scienze agrarie, le scienze biologiche, informatica e altro.

* Professore Ordinario in Geochimica Ambientale presso l'Università di Napoli Federico II e Adjunct prof. presso Virginia Tech, Blacksburg, VA, USA

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