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Giovedì, 04 Lug 2024

Segnalata, due settimane fa, come cifra distintiva della nuova gestione dell’Istat, l’opacità è transitata ora anche negli atti ufficiali dell’ente e tutto ormai sembra avvolgere via Balbo e dintorni.

Nella delibera n. 6 del 2 febbraio scorso, con la quale il presidente, Giorgio Alleva, conferisce temporaneamente al neo direttore generale, Tommaso Antonucci, anche l’incarico di direttore del patrimonio, si legge, infatti, testualmente, che l’attribuzione avviene “nelle more della conclusione della procedura ancora da avviare”, naturalmente con un avviso pubblico.

Francesco De Sanctis, che d’italiano si intendeva, soleva ripetere che “la semplicità è la forma della vera grandezza”. Ora, se è vero che un burocrate (nel nostro caso, l’estensore della delibera, che  è persona diversa dal presidente che ha sottoscritto il provvedimento), per di più alle prese con tremendi incroci temporali di avvenimenti, a tutto pensa e può aspirare tranne che alla vera grandezza, resta nondimeno vero che, sempre quel burocrate, quando scrive, è comunque vincolato al dovere di farsi capire. Magari ricorrendo a uno sforzo suppletivo, quando sa, come nel caso di specie, che la platea dei lettori è composta soprattutto da statistici, gente adusa a districarsi tra medie e mediane ma notoriamente digiuna di burocratese.

Si capisce così come mai nei corridoi degli statistici ovunque risuonasse la domanda: ”Nelle more? What does it mean?” (Loro ormai parlano così, ndr). Pensa e ripensa, di fronte all’enigma, ai più è sembrata opportuna e conducente la scelta di rivolgersi ai “giuristi”, certi che la paternità del “mistero” fosse da ascrivere a un membro della loro tribù.

Stando ai rumors, i giuristi, sempre pronti a essere in disaccordo su tutto (anche quelli dell’Istat) si sarebbero divisi in due fazioni, l’una a difesa della formula usata in delibera, giudicata solo “rafforzativa” del concetto che si voleva esprimere, l’altra disponibile ad ammettere che sì, forse quel concetto poteva essere reso in un italiano più accessibile. In ogni caso - lo riportiamo solo per dovere di cronaca - sul punto della irrinunciabilità della formula “nelle more …” si registrava il consenso di tutti.

Da parte nostra, mentre intendiamo manifestare profonda solidarietà agli ignari e indifesi statistici, riteniamo di non dover prender partito per l’una o l’altra fazione dei giuristi, pur ammirandone gli sforzi interpretativi compiuti nell’ambito di una battaglia combattuta a colpi di codici e pandette.

Ci limitiamo soltanto ad auspicare che, nelle more (quando ci vuole, ci vuole) dell’emanazione delle prossime delibere, i competenti uffici dell’Istituto raggiungano l’unanime convincimento di non più ricorrere nella stesura dei loro atti a siffatti indecifrabili anacoluti.

P.S.

Purtroppo, mentre ancora si cerca una soluzione al tremendo rompicapo testé descritto, un’altra delibera, la n.21/DGEN del 10 febbraio scorso, ripresenta una formula simile, questa volta per attribuire a un dirigente l’interim di un altro servizio temporaneamente scoperto.

Sennonché, mentre nel primo caso, su cui ci siamo diffusi ampiamente, la “procedura da avviare” deve realmente essere ancora avviata, in quest’ultimo la procedura non solo è stata avviata ma si è pure conclusa, anche se nessuna comunicazione è stata fatta in proposito, contrariamente a quanto per legge dovrebbe avvenire.

Chi ci capisce, è bravo. Poiché nessuno è tenuto all’eroismo, anche noi questa volta ci arrendiamo.

Secondo P.S.

Con la delibera n.61 del 12 febbraio 2015, con la quale un dirigente dell’Istat (il secondo in pochi mesi) viene comandato al Mef, la Direzione generale ha compiuto un ulteriore salto (all’indietro) di qualità.

Smentendo l’opinione comune che l’opacità evolva  normalmente verso il buio, la delibera in questione ha virato decisamente verso il vuoto, laddove nel preambolo testualmente recita “Vista la nota n.40 del 30 gennaio 2015, con la quale il Direttore della Direzione centrale degli affari istituzionali, giuridici e legali (DCIG)”.

Che cosa dica questa nota resta così un mistero, ma ciò che lascia basiti è che nessuno abbia avvertito l’horror vacui di fronte a tale e tanta mancanza. Eppure, a parte l’estensore, sulla delibera ci sono ben tre sigle (dirigenziali) e la firma del Direttore generale. Insomma, (almeno) in cinque nessuno si è accorto di niente.

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