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Giovedì, 09 Mag 2024

altIl Tar Campania, con sentenza n. 1228/2015, ha bocciato il ricorso del Comune di Giugliano in provincia di Napoli contro la costruzione del nuovo mega-inceneritore nel proprio territorio.

Non intendo, in questa sede, discutere la sentenza ma fare solo considerazioni di natura tecnico-scientifica.

Il 9 aprile del 2009 feci un commento su La Repubblica-Napoli, in occasione dell'inaugurazione dell'inceneritore di Acerra da parte dell'allora capo del governo, Silvio Berlusconi, il quale con grande rilievo da parte della stampa nazionale e locale, dichiarava che l'inceneritore sarebbe stato un "oggetto innocuo", avendo un potenziale inquinante inferiore a 3-4 utilitarie.

Nel clima di osanna ai dirigenti della Fibe (del gruppo Impregilo spa) da parte dell’allora presidente del consiglio, si sorvolò sul fatto che la gestione complessiva della vicenda rifiuti a Napoli aveva fatto sì che sul territorio campano si accumulassero milioni di tonnellate di "ecoballe", ossia, come è ormai noto a tutti, rifiuti tal quali (le piramidi della vergogna) cellofanati e depositati in attesa di venire bruciati nell’inceneritore di Acerra e in altri, progettati a poca distanza (appunto quello di Giugliano).

In altre parole, le ecoballe erano (e sono) il combustile che avrebbe dovuto alimentare gli inceneritori (quello di Acerra e quello da costruire), fruttando agli osannati imprenditori lucrosi guadagni, garantiti dai benefici della legge, nota come CIP6. Le trionfalistiche affermazioni di Berlusconi, fatte proprie poi dall’ex responsabile della Protezione Civile Bertolaso e dal Presidente della Regione Campania, Bassolino, non avevano, in realtà, alcun riscontro scientifico.

Il commento fatto a mezzo stampa dal sottoscritto, dunque, appare ancora più fondato a valle della sentenza del Tar per l'inceneritore di Giugliano.

Quasi sei anni fa, riferivo semplicemente il parere di una Commissione di 15 Esperti (nominati dal Congresso americano) della National Academy of Sciences degli USA, le cui conclusioni, riportate nel volume “Waste Incineration & Public Health” (National Academy Press), ripropongo sinteticamente di seguito, affinché ognuno possa fare del tutto autonomamente le proprie considerazioni:

1) Le stime dei notevoli incrementi nell’ambiente di diversi inquinanti attribuibili ad inceneritori in esercizio, determinano legittime preoccupazioni in merito agli effetti sulla salute umana. Studi sulle PM in aree urbane dimostrano che esse causano un eccesso di mortalità nella popolazione USA; l’incremento che deriva dalle PM emesse dagli inceneritori si va a sommare ad un carico nocivo già esistente nell’ambiente;

2) Anche se un inceneritore, ben progettato e costruito, emette quantità modeste di questi inquinanti, l’analisi di rischio non può caratterizzare in modo adeguato la presenza o l’assenza di rischio, in quanto: a) c’è scarsità di dati disponibili relativamente alle tecniche utilizzate per effettuare l’analisi di rischio stessa; b) gli effetti e il rischio vanno valutati impianto per impianto; c) bisogna valutare la sinergia di effetti combinati degli inquinanti chimici sulla popolazione esposta, gli effetti di piccoli incrementi di esposizione su persone “anormalmente” suscettibili, gli effetti potenziali di emissioni sul breve termine dovute ad operazioni di funzionamento dell’impianto in condizioni “non-normali”; d) non è stata ancora definita una soglia limite, per quanto riguarda le emissioni, al disotto della quale sia dimostrata la riduzione di effetti per la salute umana, e tanto meno sono stati ancora valutati gli effetti indiretti;

3) Gli studi epidemiologici che definiscono gli effetti negativi dovuti a singoli inceneritori sono pochi e non giungono a risultati univoci. Questo in considerazione: a) del numero limitato di persone studiate; b) della presenza di fattori che alterano gli effetti; c) dei lunghi periodi che sono necessari perché si manifestino gli effetti sulla salute umana; d) delle basse concentrazioni degli inquinanti;

4) La valutazione della Commissione su inceneritori e salute umana è stata effettuata basandosi sulle emissioni di inceneritori che funzionano in condizioni normali. Non esistono dati sugli effetti per la salute umana per gli inceneritori che operino in condizioni non-normali. La valutazione è stata limitata dalla mancanza di dati relativamente alle concentrazioni di sostanze tossiche nell’ambiente circostante gli inceneritori;

5) L’EPA (Environment Protection Agency degli USA) richiede che le emissioni provenienti dagli inceneritori, siano al di sotto di una soglia definita sulla base del funzionamento del 12% di tutti gli inceneritori in esercizio (questo standard viene definito come MACT – Maximal Achievable Control Technology). Ma anche osservando lo standard MACT, le preoccupazioni riguardanti le concentrazioni di diossine, Pb e Hg non vengono fugate. Comunque per singoli impianti con livelli di emissioni molto ben determinati, i rischi per la salute non sono affatto di poco conto. Gli effetti potenziali cumulativi degli inceneritori, a scala regionale e oltre, sono del tutto sconosciuti;

6) I nuovi impianti che soddisfino in pieno lo standard MACT, dovrebbero apportare un livello di emissioni più basso rispetto ad impianti di vecchia costruzione. Operando in condizioni di “normalità”, il miglioramento dello standard MACT riduce il rischio per la salute umana. Lo standard MACT non è stato ideato comunque per proteggere i lavoratori che operano all’interno dell’inceneritore ed è improbabile che i regolamenti MACT riducano il rischio per tali lavoratori. Questi ultimi sono molto più a rischio per quanto riguarda l’esposizione (diossina, Pb, Cd, Hg) rispetto ai residenti locali. E’ improbabile, comunque, che il miglioramento dello standard MACT, determini una riduzione del rischio a livello regionale, soprattutto per quanto riguarda diossina, Pb e Hg.

In buona sostanza, secondo tale autorevole studio, un inceneritore, in funzione della bontà della tecnologia utilizzata, può contaminare l’ambiente con una serie di agenti tossici, quali: polveri sottili (PM), monossido di carbonio (CO), gas (NOx, SO2, HCl) e particelle acide, metalli (Cd, Pb, Hg, Cr, As, Be), diossine, furani, PCB (policlorobifenili) e IPA (idrocarburi policiclici aromatici), tutte sostanze tossiche che contribuiscono sia al rischio cancro che alla insorgenza di patologie non-cancerogene.

Le stime del contributo relativo di ognuno degli inquinanti dipendono dalle caratteristiche dell’inceneritore, dalla popolazione potenzialmente esposta, dalle vie di dispersione; ma anche dalla quantità di informazioni disponibili sul territorio, prima e dopo la costruzione dell’inceneritore.

Le conclusioni, anche se non aggiornatissime, cui giungeva il Rapporto Americano non andavano certo nella direzione delle dichiarazioni eccessivamente rassicuranti di chi vuol sostenere l'innocuità di tali impianti, anche se non sono definitive riguardo la certezza di un rapporto causa-effetto fra incenerimento di rifiuti e salute umana. Tecnologie più avanzate possono certamente avere migliorato la situazione rispetto ad inceneritori di più vecchia generazione, ma il tutto rimane da dimostrare sperimentalmente.

In considerazione di quanto sopra, bisogna considerare, nel caso del territorio Napoletano, che il solo inceneritore di Acerra ha una capacità di 750.000 ton, alla quale si andrà ad aggiungere quella di altre 750.000 ton dell'inceneritore di Giugliano, per una capacità totale di incenerimento nel territorio Napoletano di 1.500.000 ton. Il tutto inserito in un contesto territoriale già pesantemente contaminato.

In questo contesto, le analisi di rischio effettuate su presenza di contaminazioni di metalli tossici dal mio gruppo di ricerca (nel giro di un anno rileveremo anche le concentrazioni di IPA, PCB e Pesticidi nell'aria, attraverso l'installazione di 60 deposimetri passivi e wet/dry) nei suoli di tutta la Campania ci dicono peraltro che il rischio non sostenibile interessa primariamente tutto il territorio metropolitano di Napoli, seguito dai comprensori dell'Aversano e del bacino del Sarno.

Quando si sostiene che un inceneritore è costruito, per esempio, anche in realtà "urbanizzate" come quella di Vienna, si dimentica di precisare che quell'inceneritore ha una capacità molto piccola (circa 150.000 ton), ma soprattutto che esso è inserito in un contesto territoriale sano.

Pur nella convinzione che in un Paese come l'Italia non è pensabile avere sviluppo a costo zero, una politica accorta e che volesse salvaguardare la salute dei cittadini, limitando al minimo i rischi, procederebbe su di un argomento così delicato sulla base di un metodo scientifico, predisponendo studi e ricerche per poter valutare con correttezza scientifica il rischio di questi impianti per la salute pubblica e garantendo la rigorosità dei controlli sui dati di emissione e altro.

Ma soprattutto, sulla base dell'autorevole analisi della National Academy of Sciences degli USA, governanti accorti disporrebbero non la inopportuna concentrazione di incenerimento di 1.500.000 ton nell'area metropolitana di Napoli ma, se proprio è indispensabile, dopo aver spinto al massimo la raccolta differenziata dei rifiuti, la costruzione di 10 inceneritori da max 150.000 ton cadauno, distribuiti sull'intera Regione Campania, al fine di minimizzare l'effetto additivo determinato dal contributo di inquinamento degli inceneritori in un contesto territoriale di per sé già compromesso.

*Professore Ordinario in Geochimica Ambientale presso l'Università di Napoli Federico II e Adjunct prof. presso Virginia Tech, Blacksburg, VA, USA

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