di Rocco Tritto
Una Repubblica che sia davvero fondata sul lavoro non dovrebbe permettere che migliaia di lavoratori, che operano sul nostro territorio, vivano in condizioni disumane.
Eppure, il loro contributo al processo produttivo del Paese è determinante. A trarne beneficio è dunque anche quel tanto agognato misuratore dell’economia nazionale che va sotto il nome di prodotto interno lordo (Pil). Eppure, quanto è accaduto a Rosarno la scorsa settimana, che è solo la punta di un enorme iceberg, dimostra com’è radicata nel nostro Paese la cultura dello sfruttamento e del disprezzo del lavoratore straniero. Un atteggiamento tanto aberrante quanto deprecabile che sembra manifestamente tollerato da un potere politico che, fingendo di ignorare l’articolo 1 della Carta Fondamentale (quello che il ministro Brunetta non vede l’ora di cassare) si guarda bene dall’adottare un piano di emergenza da applicare soprattutto nelle Regioni a più alta densità di imprenditori-sfruttatori, per reprimere il sordido mercato nero del lavoro, dando così dignità e rispetto a tanti lavoratori ai quali vengono invece negati diritti fondamentali, epperciò inviolabili. Ma, anziché affrontare il problema alla radice, si preferisce, come tutti noi abbiamo potuto vedere dalle immagini televisive, ricorrere alle deportazioni di massa, che si cerca esecrabilmente di giustificare con affermazioni del tipo: “Fino a oggi il fenomeno dei clandestini è stato fin troppo tollerato”. Neppure una parola sul fatto che la “clandestinità” è forzata ed è figlia di una cultura di malgoverno che consente lo sfruttamento selvaggio e impunito di tanti lavoratori.
Editoriale de Il Foglietto di Usi/RdB n. 1/2010