L'amichettismo, si sa, è un male endemico dell'Italia. Anche nei suoi momenti più bui, come ricorda Amendola nelle sue "Lettere a Milano", si manifestò, giustificato in parte dagli eventi drammatici di quel momento: caduta del fascismo, Resistenza ai nazifascisti, lotta partigiana.
Allora ci furono fascisti che nascosero ebrei e antifascisti che, a loro volta, in nome della conoscenza personale o familiare, protessero persone che avevano aderito con più o meno entusiasmo al regime mussoliniano. Nel dopoguerra, grazie al ruolo fondamentale svolto dai partiti di massa e anche allo scontro politico e ideologico che li pervase, il fenomeno dell'amichettismo fu contenuto, come pure la sua radice politica: il trasformismo.
Oggi, nel mondo radicalmente cambiato per tanti motivi, il trasformismo politico va alla grande e quindi anche l'amichettismo ha ritrovato i suoi spazi. A destra, ne è diventato la cifra che si manifesta appieno nelle vicissitudini del governo Meloni. Ultime quelle, tra il comico e il miserevole, dell'ex ministro Sangiuliano.
Ma ce n'è uno, cosiddetto di sinistra, che ha i suoi epigoni, soprattutto nel Pd. Come giudicare, se non in questa chiave, gli endorsement per Fitto nel novero dei vice presidenti di von der Leyen nella Commissione europea? A quello di De Caro si sono aggiunti il solito anguilleggiamento di Zingaretti, di Letta, degli ex renziani nei dem, ecc.. A loro, in vista dell'audizione all'europarlamento cui devono sottoporsi tutti i commissari, basterebbe che Fitto si dichiarasse europeista.
Di fronte all'altolà a livello di gruppi parlamentari all'europarlamento di socialisti, di cui il Pd fa parte, e liberali, che non si sa se terranno l'incerta coerenza antisovranista (vedi Macron), i nostri "amichettisti" s'inventano di tutto: Fitto brava persona - politica? Non pare - basta risalire al suo curriculum personale - tirarlo dentro per dividere la destra, eppoi, signora mia, il nostro interesse nazionale.
Il nostro interesse nazionale non è cercare il migliore dei sovranisti, ammesso e non concesso che Fitto lo sia, ma contrapporsi coerentemente - soprattutto con proposte e programmi adeguati - a chi l'europeismo considera un nemico da abbattere. Meloni e Salvini, consenziente Tajani, che lo hanno designato, questo sono.
Quanto a dividere la destra europea, che già lo è di suo lungo linee nazionalistiche, dando spago a quella sovranista e post fascista italiana - risuona ancora il grido non rinnegato della Meloni verso l'Europa "la pacchia è finita", confermato dal voto contro la von der Leyen - è arrampicarsi sugli specchi, facendo la figura dei "pifferi di montagna".
Approfittare delle contraddizioni della destra è un conto, farsene dominare, rendendosi "utili idioti" di una sua parte, è un altro. È la differenza che c'è fra amichettismo e politica europeista.
Aldo Pirone
scrittore e editorialista
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