La fine del Mondo è un tema del quale ogni tanto sentiamo parlare, è ricorrente, ha un suo perché, una sua logica. I cristiani scandiscono il tempo verso quel traguardo a partire dalla nascita di Cristo come i musulmani da quella di Maometto.
Se un tempo ha un inizio, un tempo deve avere anche una fine. Questo concetto è tipico delle religioni medio orientali (cristianesimo, islamismo ed ebraismo). Nel mondo orientale, invece, questa visione non c'è, oppure è molto diversa.
Ad esempio, l'induismo parla di cicli cosmici che non terminano con la fine del Mondo, ma finiscono con l'inizio di un altro Mondo. Anche altre religioni si muovono partendo da questa visione non necessariamente apocalittica.
E' però interessante che il nostro quotidiano sia permeato dalla consapevolezza che la nostra vita è un tempo che deve finire. I musulmani, per esempio, sono convinti di vivere il tempo della fine, dal quale poi trionferà l'Islam.
Dal punto di vista scientifico, invece, il tempo ha un'altra dimensione; anzi, c'è addirittura una branca della fisica che nega il tempo, per la quale esso è solo una nostra percezione del mutamento delle cose, che in realtà è un mutamento che avviene a prescindere dal tempo.
Quanto ci tolgono questi condizionamenti culturali, in cui siamo immersi?
E’ il tema del dialogo di questa settimana tra il giornalista scientifico Elio Cadelo, lo psichiatra Michele Di Nunzio e il sociologo Giorgio Pacifici. (A cura di Sonia Topazio)