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Domenica, 28 Apr 2024

Oggi è un anno esatto dalla scomparsa al Cairo di Giulio Regeni. Amnesty International ha indetto una giornata di mobilitazione nazionale per continuare a chiedere la verità.

Un anno trascorso tra depistaggi, insabbiamenti e reticenze della polizia egiziana, cui ha corrisposto un intervento assai blando del nostro governo. D'altronde, era stato proprio Renzi il primo capo di governo occidentale a volare in Egitto, nel 2013, dopo il golpe dei militari contro il presidente islamista Mohammed Morsi. Senza contare gli stretti legami economici tra il nostro paese e l'Egitto, che vanno dalle tante aziende manifatturiere nostrane - lì delocalizzate in considerazione del basso costo del lavoro e dell'assenza di diritti e di sindacati liberi per i lavoratori - alle innumerevoli opere realizzate da aziende italiane e, per finire, agli interessi petroliferi.

Come ebbe a dire l'ad di Eni nel maggio 2015 «l'Egitto è per Eni un paese strategico», soprattutto dopo la scoperta a Zohr del più grande giacimento off shore di gas nel Mediterraneo, 100 chilometri quadrati, che può arrivare a produrre 850 miliardi di metri cubi di gas.

Sì, l'ambasciatore Massari venne richiamato in Italia “per consultazioni”, ma per sostituirlo, dopo qualche mese, con Giampaolo Cantini, fino a quel momento capo della cooperazione internazionale.
E così, la verità sull’arresto, la sparizione, la tortura e l’uccisione del giovane ricercatore italiano è tuttora lontana da venire, nonostante sia ormai evidente che si sia trattato di un omicidio di Stato, caso del tutto unico per un giovane studioso italiano all'estero.

Era dagli anni delle dittature in Sud America che non accadeva qualcosa del genere ad un nostro concittadino.

Il governo non ha battuto colpo neppure nei giorni scorsi, quando è apparso un video che ritrae il giovane ricercatore italiano e che sarebbe stato realizzato, con una microcamera nascosta in un bottone, da Mohammed Abdallah, il capo del sindacato degli ambulanti che l’ha denunciato ai servizi segreti egiziani. Un filmato realizzato il 6 gennaio 2016 con una tecnologia in dotazione alla polizia egiziana, a dimostrazione della stretta collaborazione tra le autorità e lo stesso Abdallah nel monitorare Regeni.

Singolare che il video sia comparso nel giorno in cui il procuratore generale egiziano, Nabil Ahmed Sadeq, dopo tutti questi mesi, ha finalmente accolto la richiesta della procura italiana di inviare al Cairo un gruppo di esperti italiani e tedeschi per recuperare i dati delle telecamere di sorveglianza a circuito chiuso della stazione della metropolitana di Dokki, dove Giulio fu visto per l’ultima volta la sera del 25 gennaio 2016.

Alla giornata di mobilitazione - che a Roma si terrà oggi, 25 gennaio, dalle 12,30 in piazzale Aldo Moro all’Università La Sapienza e si chiuderà con una fiaccolata a Montecitorio alle 19,30 e che vedrà numerosi altri eventi nel resto d’Italia - finora hanno aderito diverse associazioni tra le altre: A buon diritto, ARCI, Articolo21, Associazione Italiana Turismo Responsabile, Associazione delle Organizzazioni Italiane di Cooperazione e Solidarietà Internazionale, Cild, Coordinamento della Rete della Pace, Cospe, CPS, Focsiv, FSNI – Federazione nazionale della stampa italiana, Iran Human Rights Italia, Legambiente, Nexus Emilia Romagna, Un ponte per …
    
Nel corso della manifestazione che sarà condotta da Marino Sinibaldi direttore di Rai Radio3, saranno letti estratti dei diari di viaggio di Giulio Regeni e interverranno, in collegamento telefonico, i suoi genitori.

Dopo il saluto del Rettore, Eugenio Gaudio, interverranno Stefano Catucci, del Senato Accademico Sapienza; Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia; Luigi Manconi, presidente di A buon diritto e della Commissione straordinaria diritti umani del Senato; Patrizio Gonnella, presidente della Coalizione italiana per le libertà e i diritti civili; Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione nazionale della stampa italiana; Carlo Bonini, giornalista de La Repubblica. A tutti i partecipanti sarà dato un cartello con un numero, da 1 a 365, per ricordare i giorni che sono passati dalla scomparsa di Giulio.

La verità su nove giorni di atroci torture e sevizie che portarono alla morte di Giulio Regeni è ancora lontana e tale temiamo che resti perché troppo grandi sono gli interessi economici in ballo.

D'altra parte, come il nostro, nessuno dei governi dei paesi “democratici” ha avuto nulla da dire sul fatto che, da quando si è insediato il generale Abdel Fattah Al-Sisi nel 2013, si stima che nelle carceri egiziane vi siano circa 40 mila prigionieri politici. Ma alcuni gruppi per i diritti umani ne stimano almeno 60mila, tanto che è in corso la realizzazione di dieci nuovi penitenziari.

Di sparizioni forzate, come quella di Giulio si stima ve ne sono 4 o 5 al giorno e riguardano persino adolescenti. La Commissione egiziana per i diritti e le libertà ha riferito lo scorso aprile di aver documentato 544 casi di sparizione forzata per un periodo di otto mesi, tra l'agosto 2015 e il marzo 2016, per una media di due o tre persone al giorno. Il Coordinamento egiziano per i diritti e le libertà ha riportato invece nel gennaio 2016 di aver documentato 1.023 casi di sparizioni forzate durante i primi otto mesi del 2015, e un totale di 1.840 casi sono stati segnalati in tutto il 2015 come emerge da un rapporto di Amnesty International di luglio del 2016.

Ciononostante, le mobilitazioni dei lavoratori egiziani continuano e, come scriveva in un suo articolo Giulio, “Questi esperimenti dal basso potrebbero forse indicare anche a noi nuove traiettorie per un sindacalismo – al contempo combattivo e democratico – al passo con le trasformazioni imposte dalla globalizzazione del ventunesimo secolo”.

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