di Luca Marchetti
American Hustle di David O. Russell, con Christian Bale, Amy Adams, Jeremy Renner, Bradley Cooper, Jennifer Lawrance, Luis C.K, durata 138’; nelle sale dal 1 gennaio 2014, distribuito da Eagle Pictures.
Sembra quasi che l’ottimo regista David O. Russell (Il lato positivo, The Fighter) voglia dimostrare come la scuola attoriale americana sia la migliore al mondo.
Il suo ultimo American Hustle, infatti, prima di essere un ottimo esempio di heist movie, è una sfacciata e autocelebrativa ostentazione di classe recitativa. Più di molti altri film del regista newyorkese, famoso per tirare sempre fuori il meglio dai suoi interpreti, questa pellicola presenta un cast in stato di grazia, forse come non se ne vedevano da anni su un grande schermo.
La storia (vera) di una maxi-operazione dell’Fbi per sgominare un giro di corruzione politica legata alla ricostruzione di Atlantic City degli anni 70, è solo la scusa per vedere danzare davanti ai nostri occhi alcuni dei migliori attori della loro generazione.
Riunendo volti amici e antichi sodali, Russell permette a divi come Christian Bale, Amy Adams e Jennifer Lawrance di fornire, con recitazioni divertite, prove di bravura e tocchi d’artista. Soprattutto Bale, protagonista assoluto della pellicola, con una trasformazione fisica degna del De Niro di Toro Scatenato, regala un anti-eroe dolente, un grasso ed eccessivo mago della truffa, che si divide tra la paura vigliacca per la galera e una coerenza morale particolare, riscattando così le performance monocordi del Batman di Nolan.
Dello stesso livello però sono anche le prove dei suoi compagni di palcoscenico. Amy Adams, bella e brava più che mai, tiene sempre testa al suo partner, così come i folli Jennifer Lawrance (moglie bipolare e volgare del protagonista) e Bradley Cooper (lo spregiudicato agente Fbi, a capo dell’operazione) dimostrano di essere interpreti a tutto tondo oltre che sex symbol.
Da sottolineare anche la prova divertentissima ed eccitante di Jeremy Renner, generoso sindaco italo-americano, che si commuove quando parla della sua città e della sua famiglia.
Il merito di tante clamorose interpretazioni, però, è sì da attribuire, ovviamente, agli attori, ma anche alla bravura del regista-direttore d’orchestra. Russell, infatti, fa tutto come si deve, mettendo non solo i suoi attori a proprio agio, ma anche intessendo una tela perfetta. Il clima anni settanta (la perfezione dei dettagli è impressionante), la colonna sonora scelta con criterio e una sceneggiatura scritta con mestiere e dedizione sono altri ingredienti che permettono la buona riuscita della sua ricetta.
Il regista fa propria la lezione dello Scorsese degli anni ‘90 (i riferimenti a Quei bravi ragazzi si sprecano) per fondere nel miglior modo qualità e intrattenimento.
Certo, opere come questa sono sicuramente auto-indulgenti e leziose, protese alla celebrazione della propria bellezza, ma dire che quello che si ha davanti ai propri occhi non sia grande Cinema è negare l’evidenza.