Il Principe di Niccolò Machiavelli, editore Donzelli, Roma, 2013, pp. CXXII-350, euro 30
Recensione di Roberto Tomei
Come tutti i classici, Il Principe è una lettura “doverosa”, che non può mancare nella biblioteca degli uomini di cultura, tanto più se italiani.
E’ Natale. Si può regalare e sarà un dono gradito. Ma si può anche acquistare per leggerlo o rileggerlo. Si tratta della volta buona, perché l’editore, Carmine Donzelli, ne ha curato anche la “traduzione” a fronte in italiano moderno, impresa compiuta alcuni anni fa solo da Piero Melograni.
Opera meritoria, perché la lingua del Fiorentino non è semplice, sicché talora finisce per allontanare il lettore, fermo restando che è sempre bene dare uno sguardo anche all’originale, per le sue straordinarie suggestioni, assolutamente inimitabili.
Basterebbe solo la fatica della “traduzione”, che speriamo sia la prima di una serie, per indurre a recarsi in libreria e accaparrarsi il prezioso volume, ma questo si segnala altresì per la vasta e dotta introduzione di Gabriele Pedullà, utilissima per comprendere Machiavelli e il suo tempo.
Di contro alla tradizionale lettura “cinica “dell’opera, il lettore potrà fare alcune scoperte: per esempio, che il principe deve essere leale e che deve cercare di reggersi sul consenso. Ma ci sono diversi altri aspetti del pensiero del segretario fiorentino che meritano di essere ulteriormente approfonditi, accantonando una volta per tutte falsi luoghi comuni.
Com’è noto, proprio nel dicembre del 1513 Machiavelli annunciava a Francesco Vettori la nascita del Principe. Sono passati cinquecento anni, ma a leggerlo francamente non li dimostra.