La storia della mafia di Leonardo Sciascia, editore Barion, Palermo, 2013, pp.67, euro 8
Recensione di Roberto Tomei
Sciascia è tra i miei autori preferiti e ho anche avuto la fortuna di incontrarlo e parlarci in una libreria, chiusa ormai da tempo, di via della Vite, a Roma. Una insperata, lunga chiacchierata, mentre “divoravamo”- lui più di me- numerose sigarette. Quasi due ore trascorse a ripercorrere “cose di Sicilia”, terra della quale mi ero innamorato grazie a un mio compagno di collegio nativo di Ravanusa, cittadina della provincia di Agrigento.
Dalla scomparsa di Sciascia è passato quasi un quarto di secolo, ma della sua opera tanto sono appassionato che, quando mi capita di imbattermi in qualche suo lavoro che mi è sfuggito, non esito ad acquistarlo per andare poi a leggerlo, con precedenza assoluta rispetto a ogni altro libro che ho per le mani.
Quando, qualche giorno fa, ho trovato questo volumetto, di cui ignoravo l’esistenza, un’ora dopo l’acquisto già l’avevo finito.
Sciascia non si sentiva un “mafiologo” e non amava i professionisti dell’antimafia, ma, essendo nato e vissuto in Sicilia ed essendo dotato di un non comune senso di osservazione, si applicò a cercare di comprendere il fenomeno, dedicandovi libri memorabili.
Questa storia della mafia, ancorché stringata, oltre a spiegare esaustivamente il fenomeno mafioso, ne contiene perfino una definizione: “un’associazione per delinquere, con fini di illecito arricchimento per i propri associati, che si pone come intermediazione parassitaria, e imposta con mezzi di violenza, tra la proprietà e il lavoro, tra la produzione e il consumo, tra il cittadino e lo Stato”.
Il volume contiene altri due contributi, uno di Giancarlo Macaluso e un altro di Salvatore Ferlita. Nel primo è riportata un’altra definizione della mafia, quella fornita da un temuto uomo d’onore, che brilla per originalità, ma non la riporto, perché spero di incuriosirvi, spingendovi così ad acquistare l’interessante volumetto.