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Mercoledì, 03 Lug 2024

di Luca Marchetti

The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese, con Leonardo Di Caprio, Jonah Hill, Matthew McConaughey, Jean Dujardin, Margot Robbie, Kyle Chandler, Rob Reiner, durata 179’, nelle sale dal 23 gennaio 2014 distribuito da 01 Distribution.

Nella sua lunghissima e gloriosa vita, il Cinema del maestro Martin Scorsese ha avuto diverse facce, la più famosa e commercialmente redditizia è stata quella di crime-movie, la stessa che, con lievi differenze, ha assunto per le pellicole più amate del regista italo-americano.

Negli ultimi quindici anni, fatta eccezione per l’exploit del “hongkonghese” The Departed, Scorsese ha cercato, però, di muoversi su altre vie, tra vere e proprie lezioni di Storia del Cinema (Hugo Cabret, The Aviator) e progetti profondamente personali (il sottovalutato Gangs of New York, il prossimo Silence).

Sembrava quasi che ormai il regista di Toro Scatenato avesse deciso di mettere in soffitta famiglie mafiose e criminalità, per dedicarsi  a nuove sfide e avventure inedite (persino con il cinema per ragazzi). Non è un caso che il suo nome fosse tra i produttori del dimenticabile Cose Nostre, omaggio funebre ai suoi mob-movie.

In cuor nostro, pur apprezzando questa deriva senile del maestro (madre dei suoi film più riusciti a livello visivo), sentivamo nostalgia per il suo modo irripetibile di entrare in quei mondi perversi di criminalità e onore, dove alla violenza esagerata si opponeva la tragicità di anti-eroi decadenti.

Ebbene, siamo lieti di annunciare che The Wolf of Wall Street, attesissimo biopic dello spregiudicato broker Jordan Belfort, è il ritorno di Scorsese al suo cinema nero.

Non vogliamo indagare sui motivi di questo “ritorno a casa”, se ha accettato per vero entusiasmo verso il progetto o perché stanco di cercare continuamente nuove sfide produttive. Sta di fatto che, spostandosi dalle bische di Brooklyn agli uffici di Wall Street, Scorsese torna a parlare di ambizione, squallore umano e deliri di onnipotenza. A guardarli bene non ci sono troppe differenze tra i mafiosi di New York e Las Vegas, con i loro capelli impomatati e le giacche colorate, e gli yuppies arroganti e strafatti di coca del cuore finanziario statunitense. Anche in questo mondo dorato, il denaro e il potere sono in mano a uomini senza limiti morali, pieni solo del loro edonismo, esempi viventi del sogno americano.

The Wolf of Wall Street è, infatti, il ritratto malato, allucinato e sfrenato dell’America anni novanta, di una società di sprechi e irresponsabilità pre-crisi economica, che considera i suoi carnefici come eroi da seguire. Il Jordan Belfort di Leonardo Di Caprio (vera stella polare del cinema contemporaneo di Scorsese) è il depravato protagonista di un’epopea folle.  Belfort, incatenato in una vita (e in una pellicola) ripetitiva, continuamente scandita da droghe, prostitute e monologhi da stand-up comedian per i suoi adepti/dipendenti, come molti precedenti scorsesiani, trova nel suo totale fallimento umano e morale la propria vittoria, dimostrando ancora una volta che nella foresta i lupi sopravvivono sempre.

La prova d’attore sopra le righe di Di Caprio, per la prima volta disposto a mettere il proprio fascino carismatico al servizio di un personaggio irrecuperabile, non solo è l’impalcatura sulla quale Scorsese costruisce il suo film, ma permette anche agli altri attori di dare il massimo. Se il comico Jonah Hill si conferma un interprete poliedrico,  anche la “bambola” Margot Robbie, quasi esordiente, si dimostra all’altezza della situazione. Sul magnifico Matthew McConaughey (in un piccolo illuminante cammeo), invece, non troviamo più parole di elogio.

Detto ciò, il film non è esente da difetti. La durata di tre ore non aiuta una narrazione che nell’ultima parte ha un visibile calo e che è condita anche da qualche scivolone rovinoso (la scena del naufragio in mare sulle note di Gloria, di Umberto Tozzi, lascia perplessi).

Secondo voi questi sono motivi validi per perdersi uno degli eventi cinematografici più importanti dell’anno? Per noi, sinceramente, no.

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