Saggista e critico letterario, Alfonso Berardinelli ha di recente pubblicato, con l’editore romano Nottetempo, un brillante volume intitolato “Aforismi anacronismi”.
Espressione di pensiero fulminante, l’aforisma è genere letterario antichissimo: dalle Upanishad ai sutra buddisti e yoghici, ai libri sapienziali della Bibbia, al Corpus Hippocraticum.
Ci sono poi le moderne raccolte di massime e di pensieri. Celebri quelle di La Rochefoucauld, Goethe, Pascal, Novalis, Leopardi e Baudelaire.
Nel Novecento, con i suoi “Detti e contraddetti”, il più grande autore di aforismi è stato senz’altro Karl Kraus.
La particolarità, rispetto al passato, è che “il saggio e l’aforisma moderni si concentrano prevalentemente su sapienza ed errore, salute e malattia, fede e dubbio, illusione e disinganno, progresso e regresso”.
L’aforisma può sembrare una forma anacronistica, ma se, come mostra Berardinelli, l’anacronismo è andare fuori tempo e contro tempo, esso può diventare anche una sfida alla contemporaneità e ai dispotismi del presente. Quel presente inevitabilmente costruito con materiali che vengono dal passato, dato che in letteratura e in filosofia gli anacronismi sono frequenti, l’una e l’altra essendo costituite da un insieme di testi da conservare e tramandare.
Indubbiamente, aforismi e anacronismi sono nemici della tecnologia informatica, che oggi detta i tempi di esecuzione di qualunque lavoro e ci vuole tutti al suo servizio, “liberi di obbedire”.
Di fronte a questo scenario, Berardinelli non esita a manifestare la sua “personale superstizione anacronistica”, che formula così: “Internet porta, porterà male, una serie di mali per il momento imprevisti e imprevedibili”.
Non siamo in grado di dire se il Nostro abbia ragione o meno. Di certo, come lui, avvertiamo il fascino dell’aforisma, la sua ineguagliata capacità di essere punto di partenza e punto di arrivo del discorso. Di regola, non di quello sistematico, naturalmente.
Per non parlare, poi, della comodità dell’aforisma che, grazie al suo condensato di pensiero, permette di evitare discorsi più lunghi (un po’ come il latino rispetto all’italiano), suscitando nell’interlocutore gli stessi effetti di questi, ammesso che si trovino persone disposte ad ascoltarli con attenzione per tutta la loro durata.
Del resto, guai se l’aforisma non fosse sintetico. Esso nasce dall’economia e, come questa, deve mirare al massimo risultato col minimo mezzo.