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Mercoledì, 03 Lug 2024

007 Spectre, di Sam Mendes con Daniel Craig, Monica Bellucci, Christoph Waltz, Léa Seydoux, Ralph Fiennes, Naomie Harris, Ben Whishaw, Andrew Scott, Rory Kinnear, Dave Bautista, durata 150’, nelle sale dal 5 novembre 2015, distribuito da Warner Bros.

Recensione di Luca Marchetti

Nel 2006, con lo splendido Casino Royale, dopo le fortune e i fallimenti dell’era Pierce Brosnan, la famiglia Broccoli ha cercato con Daniel Craig (scelta di casting geniale, quanto mai detestata all’epoca dai fan) di dare una decisa svolta alla saga dello 007 di Ian Fleming. L’obiettivo era avvicinare Bond a un Cinema e a un genere che stavano lentamente prendendo altre strade, restituendogli le glorie del passato.

La tetralogia, che ha visto Craig vestire i panni di una spia tanto micidiale quanto profondamente fragile, ha pragmaticamente rifondato alle radici la propria mitologia, confrontandosi apertamente con i suoi più giovani e fortunati imitatori, dall’adrenalinica saga di Jason Bourne alla gelida opera di Christopher Nolan.

Con la scelta di affidare i due capitoli (definitivi?) di questa storia a quattro puntate (per la prima volta i film di Bond non sono autoconclusivi) a un autore come Sam Mendes, 007 ha fatto un nuovo salto in avanti.

Se con il precedente Skyfall, Mendes giocava in equilibrio tra il cinecomic più adulto (il villain di Bardem, ricalcato sulla falsariga del Joker di Heath Ledger) e l’autorialità più ricercata (la fotografia di Roger Deakins, collaboratore storico dei Fratelli Coen), con quest’ultimo Spectre si ritorna in qualche modo ad un Bond classico rimasterizzato, dove una grandissima e eccitante dose di azione, piena di gag puramente bondiane, viene retta da una vicenda narrativa fluida ma non brillante.

La venticinquesima avventura di James Bond, però, parte subito irruente, con una sequenza messicana prima dei titoli di testa, che rimarrà tra le migliori della saga, per poi accomodarsi su livelli sempre più stanchi.

Con il progredire della storia, in tutto il suo banale e presuntuoso bisogno di collegarsi a tutte le pellicole precedenti, infatti, il film perde forza e arriva stancamente a un finale concettualmente interessante ma ritmicamente disarmante (è possibile che nello stesso film si abbia questo stanco epilogo, dopo le incredibili ed entusiasmanti sequenze della parte romana?).

Daniel Craig, con il suo Bond umano, sempre pronto a mettere in mostra le proprie cicatrici e la sua difficoltà a confrontarsi con il proprio triste passato, dimostra di essere interprete non banale, capace di dare, anche solo per accenni, una profondità a un monolite come 007.

Nel cast di contorno, invece, volutamente trattenuto per non intralciare troppo la parabola del protagonista, non ci sono performance illuminanti. Se la bond girl Lea Seydoux, con il suo candore ingenuo, non si dimostra certo all’altezza della meravigliosa Vesper Lynd di Eva Green e Monica Bellucci regala solo una piccolissima e ininfluente interpretazione, è il villain di Christoph Waltz a lasciare l’amaro in bocca. Attore abbonato a ruoli sopra le righe, il suo Oberhauser è un cattivo, eccessivamente trattenuto, un personaggio ingrato che, anche per colpa di motivazioni personali alquanto pretenziose, frena il talento di un interprete che avrebbe potuto creare qualcosa di davvero indimenticabile.

Pur con i suoi immensi limiti, Spectre è il giusto capitolo finale (non sappiamo se Craig ha davvero intenzione di continuare a vestire lo smoking) di un lungo percorso cinematografico che ha restituito una delle saghe più importanti del cinema al successo che merita.

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critico cinematografico

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