Diritto all’oblio, dovere della memoria. L’etica nella società interconnessa di Umberto Ambrosoli e Massimo Sideri, Editore Bompiani, Milano, 2017, pp.133, euro 9.
Recensione di Roberto Tomei
Il libro affronta il delicato tema del rapporto, al tempo della Rete, tra il diritto all’oblio dei singoli e il dovere della memoria della collettività. E’ noto che la memoria è sempre stata, come scrivono gli autori, “la chiave di volta della nostra società”. Quel che è mutato nel tempo è stato solo il modo di difenderla, ma sempre nella consapevolezza, da un lato, che la conoscenza è potere, dall’altro, che la storia (che si fa con la memoria), se opportunamente interrogata, può veramente essere maestra di vita, evitandoci la ripetizione degli errori del passato.
La questione su cui gli autori si soffermano è così quella della difficoltà di garantire, mentre Internet rappresenta ormai fonte di conoscenza pressoché universale, la difesa dei fatti e dei documenti, stante che il progresso tecnologico, in taluni casi, può influenzare negativamente la Storia, determinando “una nuova fase di oscurantismo gestito dalle intelligenze artificiali”. Da qui l’opportunità di non tenere “un atteggiamento di affidamento cieco alle capacità dell’informatica e di Internet di registrare e richiamare i dati”.
Ma, sulla scorta dell’esperienza del caso di Tiziana Cantone finito col suicidio, gli autori sottolineano al contempo come “l’assenza non garantisce che non si parli di noi”, in quanto “noi non controlliamo, se non parzialmente, la nostra vita online”, onde ben può dirsi che l’addio ai social sia soltanto un’illusione. “Verba volant, Internet manet”.
Ora, se riservatezza, confidenzialità e segretezza sono concetti noti da secoli, solo col progresso tecnologico si è giunti alla convergente evoluzione della sensibilità verso il ”diritto alla riservatezza”, al cui alveo viene ricondotto anche il diritto all’oblio, che nel giro di pochi anni è stato variamente rimodulato in sintonia con l’evoluzione dei mezzi tecnologici, come dimostra la copiosa giurisprudenza formatasi in materia, di cui si dà ampiamente conto nel libro, che ripercorre anche le principali tappe della nostra legislazione in materia di privacy.
Proprio analizzando tale giurisprudenza, gli autori rilevano come questa, pur favorevole a riconoscere il diritto all’oblio, ammettendo che ogni essere umano possa evolvere e divenire persona diversa dai fatti di cui fu protagonista, abbia comunque sempre escluso la sussistenza del diritto in questione con riguardo ai fatti più gravi, privilegiando, rispetto a questi, l’interesse della società di continuare a conoscerli, in quanto segmenti della memoria collettiva, che dalla loro cancellazione (dalla Rete) resterebbe menomata. “Anche questo è un diritto. Il non oblio”.
Un punto d’approdo senz’altro condivisibile, tanto più in una fase storica, come quella che stiamo vivendo, troppo ripiegata sul presente.