A casa tutti bene di Gabriele Muccino, con Stefano Accorsi, Carolina Crescentini, Elena Cucci, Tea Falco, Pierfrancesco Favino, Claudia Gerini, Massimo Ghini, Sabrina Impacciatore, Gianfelice Imparato, Ivano Marescotti, Giulia Michelini, Sandra Milo, Giampaolo Morelli, Stefania Sandrelli, Valeria Solarino, Gianmarco Tognazzi, durata 105’, nelle sale da ieri, 14 febbraio 2018, distribuito da 01 Distribution.
Recensione di Luca Marchetti
Appena tornato dalle sue avventure hollywoodiane, Gabriele Muccino racconta un piccolo grande dramma familiare, circondandosi dei volti cari degli amici-attori di sempre. A casa tutti bene, infatti, non solo è la rentrée in grande stile del regista “americano” nell’industria italiana più commerciale (l’ibrido L’estate addosso era più un esperimento che un vero ritorno a casa) ma è, soprattutto, la sua nuova fotografia su una certa Italia, ottenuta anche grazie a un cast gigantesco, messo insieme come pochi altri autori italiani, dove brillano gli assidui soci Stefano Accorsi, Pierfrancesco Favino e Sabrina Impacciatore (già protagonisti del dittico L’Ultimo Bacio e Baciami Ancora, i quasi prequel di questo ipotetico nuovo capitolo).
Ambientato pressoché interamente nell’Isola di Ischia, il film racconta la riunione della numerosa famiglia di Alba e Pietro, ritrovatasi nella casa dell’anziana coppia per festeggiarne le nozze d’oro. A causa di una tempesta imprevista, la convivenza forzata costringerà gli uni ad affrontare i rancori nei confronti degli altri, facendo presto deflagrare le tensioni in un turbine di liti e di rese dei conti.
E’ evidente che la tesi portata avanti da Muccino, la famiglia borghese come nido d’ipocrisie, oltre ad avere una forte ispirazione alla sua vita familiare (i problemi con suo fratello Silvio, sbattuti spesso e volentieri all’appetito dell’opinione pubblica), sia nata dalla volontà di recuperare una grande tradizione tematica nel Cinema Italiano. La stigmatizzazione della famiglia perfetta è un tema che va da Pasolini a Scola, arrivando fino a Virzì (il suo Ferie d’agosto è, probabilmente, il punto di riferimento più recente e simile). Da questo percorso “ideologico”, nasce l’eccitazione di Muccino, entusiasta di mettere davanti alla sua macchina da presa una serie così importante di attori, per lasciarli interagire tra loro senza freni.
Tra cliché visivi ed esagerazioni verbali, il Cinema mucciniano si mostra al suo pubblico in tutto il suo rumoroso e movimentato splendore, restituendoci intatti tutti i suoi topoi. Purtroppo, il regista gioca troppo con le attese del pubblico, relegando tutti gli esplosivi conflitti a una seconda parte talmente piena da risultare subito indigesta.
Le urla, le violenze, le passioni amorose irresistibili e i personaggi talmente caricaturali da essere ingestibili (Carolina Crescentini e Sabrina Impacciatore su tutti) sono ingredienti che, mescolati senza un disegno narrativo calcolato fin nei minimi dettagli, franano addosso al pubblico, senza coerenza e intelligenza.
In questo vortice (non privo di fascino) di emozioni posticce, anche i tanti piccoli bei dettagli della storia e i (pochi) attimi di sincerità (legati soprattutto, alla coppia “coatta” Tognazzi-Michelini, perfetti nei loro ruoli) fanno un’incredibile fatica a uscire fuori intatti.
Il problema più grande di A casa tutti bene, però, è l’impossibilità del racconto di mostrarci anche il “retro” della storia, il background dei personaggi e dei loro rapporti, anche solo con piccoli accenni o sguardi sfuggenti. Muccino limita tutto al trauma dell’istante, di un presente forzatamente esagerato, che più di una satira antiborghese o di una catarsi emotiva, sembra solo un voluto gioco autocompiaciuto.
Critico cinematografico