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Domenica, 05 Mag 2024

I segreti di Wind River di Taylor Sheridan, con Jeremy Renner, Elizabeth Olsen, Jon Bernthal, Kelsey Asbille, Julia Jones, durata 111’, nelle sale dal 5 aprile, distribuito da Eagle Pictures.

Recensione di Luca Marchetti

Taylor Sheridan, nella sua breve ma lanciata carriera da sceneggiatore, con i suoi western contemporanei ha attraversato molte delle “frontiere” che segnano gli Stati Uniti del nuovo Millennio. Le sue storie, infatti, sono tutte a cavallo tra l’America e i suoi incubi, fotografie che, dal Messico della guerra dei Narcos contro la Dea fino alla disperazione di quegli americani abbandonati da tutto e da tutti, ci sbattono in faccia le cicatrici purulente della società.

I nemici, nei film scritti da Sheridan, sono le istituzioni che abbandonano i cittadini, le imprese che spadroneggiano, le banche che affamano, tutti mostri che terrorizzano una terra sincera ma fragile, pronta a farsi abbindolare dal primo buffone di belle parole che sa solo promettere. Ecco che nel suo esordio da regista, con I segreti di Wind River, Sheridan torna tra quei personaggi e quelle situazioni e ci regala una delle visioni politiche più lucide che il cinema americano abbia saputo veicolare attraverso i suoi generi, confermandosi, insieme a Nick Pizzolatto, come uno dei più decisivi sceneggiatori, enfant prodige di un cinema sempre anti-consolazione.

Ne I segreti di Wind River, la piccola storia sbagliata di una ragazza sfortunata e dei tristi “investigatori” che cercano di darle giustizia nell’inferno bianco del Wyoming, conserva intatto il suo lato umano, un’empatia tra (e per) i personaggi che è il positivo (e l’unica via di fuga) di un Paese dove è il forte che “mangia” il debole e anche i sogni più puri e innocenti sono schiacciati. La giovane vittima è così martire consapevole di una provincia stanca, condannata a sopravvivere, come se questa fosse la sfida più difficile. Come per i personaggi di Sheridan, l’unica possibilità, per andare avanti, è rispondere colpo su colpo, con una saggia lucidità che sembra sia innata negli uomini e nelle donne di queste storie, di quest’America. In una dimensione così naturale che da fuori non può che stordire, lasciare sgomenti.

E’ chiaro, quindi, che il pianto della Olsen, poliziotta di città, catapultata in un universo fatto da leggi spirituali, diventa l’immagine del distacco tra due realtà, tra due nazioni che lentamente si stanno allontanando. Solo il gesto di affetto di Renner è il ponte che unisce, l’ultimo laccio che lega. Cowboy solitario ma non rassegnato, nonostante la tragedia che porta in sé. Renner è l’ultimo di tanti personaggi giusti ma spezzati, anti-eroi onesti e meravigliosamente unici, eredi di una lunga tradizione che tocca Cinema, Storia e Letteratura: da Buffalo Bill a Cormac McCarthy, da John Ford a Elmore Leonard. Una lunga strada costellata di monumenti che, in tutta la sua conservazione, si conferma l’esempio dell’unica rivoluzione etica possibile.

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Critico cinematografico

 

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