Giornale on-line fondato nel 2004

Domenica, 28 Apr 2024

La Malnata 1La Malnata, di Beatrice Salvioni - Giulio Einaudi editore - 2023, pp. 248 - euro 17,50. Oltre all’edizione italiana, il libro è stato stato tradotto in Francia, Spagna, Grecia, Repubblica Ceca, Turchia, Bulgaria e, a breve, anche in Stati Uniti e Germania. La traduzione è altresì in corso in 32 lingue.

Recensione di Adriana Spera

Le cronache dell’estate che sta terminando sono state dominate da casi di stupro, da quello che vede sospettato il figlio della seconda carica dello Stato nella cornice della ricca borghesia milanese a quelli avvenuti nel degrado dei quartieri sottoproletari del sud: quello di gruppo di Palermo e quello che andava avanti da mesi a Caivano, vittime due cuginette di appena 10 e 12 anni.

Insomma, lo stupro come fenomeno interclassista, segno che il problema semmai, non è di devianza, di povertà, di ignoranza, ma di cultura. I nostri media, però, poco o niente si sono soffermati su un clima culturale, su un’idea oggettivante del corpo delle donne, che si va pericolosamente diffondendo.
Un’immagine della donna che ci riporta ad un brutto passato.

Episodi che hanno richiamato persino l’attenzione del New York Times che ha scritto “Un’estate di crimini orribili… ha posto nuova attenzione sull’atteggiamento del Paese nei confronti delle donne… riaperto il dibattito sulle aree più degradate del Paese e sui suoi atteggiamenti sciovinisti nei confronti delle donne nonché sul rischio che i social media li amplifichino".

Un atteggiamento che vede coinvolti persino i giudici. Infatti, non poche sono state le sentenze discutibili nei confronti delle donne. Da ultimo, una giudice ha assolto un marito manesco perché condizionato dalla propria cultura di provenienza.

Sempre il quotidiano newyorchese ha sottolineato che “l’idea che le azioni o l’abbigliamento delle donne possano scatenare la violenza permea anche i tribunali italiani, dove la sessualità e la violenza sessuale non sono ancora sempre differenziate”. Casi su cui, rammenta il Nyt, è arrivata la condanna della Corte europea dei diritti umani e delle autorità delle nazioni unite.

Ma da un governo il cui manifesto programmatico è tornato ad essere: “Dio, Patria e Famiglia”, dove la donna è solo una fattrice, non ci possiamo attendere alcuna soluzione, se non le solite azioni tanto spettacolari quanto inutili.

La questione dei diritti e della dignità della donna non si risolve con la ricetta “legge e ordine” ma con “istruzione e opportunità di riscatto” da una condizione di degrado morale e ambientale, come si è fatto, ad esempio in Colombia.

Occorre combattere l’idea ampiamente diffusa, ce lo conferma un recente rapporto dell'Istat, che le donne vittime di abusi siano in qualche modo colpevoli di aver provocato l'aggressione. Un’idea che, a quanto si deduce dalle dichiarazioni, è presente anche a casa della premier.

La Malnata ci porta agli anni del fascismo, quando l’idea di donna non era molto diversa da quella che oggi si va diffondendo, al pari di quella sui poveri che sarebbero tali per propria incapacità.

Il romanzo si apre con una scena raggelante «È difficile levarsi di dosso il corpo di un morto. Lo scoprii a dodici anni, con il sangue che mi colava dal naso e dalla bocca e le mutande attorcigliate intorno a una caviglia». Siamo nel 1936, in pieno ventennio, è la scena di un tentato stupro perpetrato da uno dei figli del maggiorente fascista di Monza, il signor Colombo. Il ragazzo, Tiziano, così viene descritto dalla giovane vittima Francesca (voce narrante del romanzo): “Non c’era più nulla nel suo viso a ricordare il ragazzo che era: elegante e sfrontato, con i calzoni lunghi dalla piega diritta, la spilla col fascio e il tricolore, che si lisciava i capelli col pettine di tartaruga e ripeteva ridendo: «Voi non siete niente»”.

Un racconto storico (mirabile la ricostruzione della Monza del ventennio e delle corse automobilistiche) e di formazione che si snoda attorno all’amicizia tra due ragazzine, Maddalena e Francesca, figlie di due ambienti diametralmente opposti, una orfana di un padre infortunatosi sul lavoro e con un fratellino morto e perciò bollata, col nomignolo di Malnata, come menagramo - «Di lei parlavano segnandosi le labbra con una croce o facendo un gesto stizzoso con una mano come a scacciare una vespa, quasi ne avessero paura» -; l’altra, Francesca, figlia di un piccolo industriale. La prima, con una famiglia antifascista e perciò perseguitata; l’altra, con un padre che produce cappelli, grazie alle conoscenze con i federali.

Due ragazzine diverse in tutto: fisicamente, una è brutta, mora, sporca, con una voglia e una cicatrice che le deturpano il volto; l’altra, è bella bionda, elegante; una passa le giornate al fiume Lambro con due ragazzi: Filippo Colombo - anch'egli figlio del maggiorente fascista locale, e Matteo, figlio di un antifascista al confino – e non va a scuola, dopo che la maestra nel picchiarla con un righello, si era ferita. Francesca, invece, va a scuola e in chiesa, obbediente alle regole.

La famiglia di Maddalena è tanto povera quanto u nita. Quella di Francesca, invece, è una famiglia anaffettiva: genitori che non si amano; una madre che pensa solo a se stessa e che rimpiange la carriera di attrice abbandonata per sposarsi; dalla figlia vuole solo che sia «beneducata anziché istruita»; un padre debole e assente. Unica persona che dimostra affetto alla ragazza è la governante Carla.

Eppure, i due opposti si attraggono e si legano nonostante vivano in una società estremamente classista.

Francesca, attraversando il ponte sul fiume, vede per la prima volta quella ragazzina scalza che gioca nell’acqua come un ragazzo e ne resta affascinata. Da quel momento farà di tutto per conoscerla e diventare sua amica e ci riuscirà, sfuggendo alla vigilanza materna «Dovevo sforzarmi per allontanare lo sguardo dai bambini giù al fiume, i bambini che non ero e che avevo sempre spiato. Ma quella domenica, per la prima volta, la Malnata mi fissò con i suoi occhi lucenti e neri. Poi fece un sorriso».

Frequentando Maddalena e la sua famiglia - la madre, il fratello Ettore, fieramente antifascista ma costretto ad andare in guerra in Etiopia (Abissinia, come usava dire allora), la sorella Donatella sedotta e abbandonata da quel Tiziano Colombo che tenterà poi di violentare la nostra protagonista - Francesca troverà se stessa e guarderà con occhi diversi il mondo in cui è cresciuta: «Da una parte c’era la vita come la conoscevo, dall’altra come me la mostrava la Malnata. E quello che prima mi pareva giusto diventava deforme come il riflesso nell’acqua del lavabo quando ti sciacqui la faccia». La Malnata scoprirà, invece, il valore dell’amicizia, della fiducia e della solidarietà reciproche.

Insomma, una storia di amicizia e solidarietà di quelle che oggi difettano, una storia di crescita: Maddalena e Francesca insieme imparano a ribellarsi alla sopraffazione, al maschilismo e alle discriminazioni di classe e di genere dell’epoca «Il mondo era fatto di regole che non dovevano essere violate. Era fatto di cose da grandi enormi e pericolose, di irrimediabili sbagli che ti potevano uccidere o mandare in prigione. Era un posto spaventoso, pieno di cose proibite, in cui dovevi camminare piano e in punta di piedi stando attenta a non toccare niente. Soprattutto se eri femmina».

Una visione delle donne che veniva inculcata fin dall’infanzia, il un dialogo fra i due amici della Malnata, Filippo Colombo dice a Matteo «Me l’ha detto mio fratello, a me, che l’unica cosa che devono imparare a fare le femmine è a darsi senza pretendere, proprio come le donne del duce. Perché se sei uomo, le cose che vuoi, te le prendi e basta. Ce lo dice sempre papà».

L’atmosfera cupa del fascismo incombe su tutti gli aspetti della vita quotidiana, l’arroganza dei potenti e di contro la gran parte delle persone succubi, piegate al suo potere. In una società così sottomessa, una persona come la Malnata rappresenta la ribellione ad un potere pervasivo, al patriarcato che vuole la donna succube, a una società che schiaccia i più deboli e proprio per questo da chi non ha il suo stesso coraggio viene calunniata, additata ed emarginata.

Inoltre, in questo romanzo emerge la contrapposizione tra un mondo piccolo borghese, che aderisce al fascismo non tanto per fede politica quanto per convenienza economica, e un mondo popolare sempre più sfruttato e sottomesso, che inizia ad abbozzare una prima forma di opposizione nei confronti di un regime che manda a morire i suoi figli in Africa, in una insulsa guerra colonialista. Ma per i più «è la guerra a renderti un uomo fatto, perché solo il giorno in cui conosci il sangue puoi dire di essere cresciuto», ne sono convinti anche gli amichetti di Maddalena cui lei ribatte: «l'onore ci può essere anche senza la guerra. E senza il duce».

E quando il fratello Ettore è partito per la guerra d’Etiopia e non se ne sa più nulla, Maddalena finalmente esplode nei confronti di una scuola che la discrimina in quanto povera e che dà più importanza ai riti di regime che non alla formazione e alla inclusione degli allievi e così «Al saluto del mattino Maddalena restò al suo posto e al richiamo della professoressa dichiarò: - Io per quello lì non mi alzo. Neanche morta, mi alzo…Il duce ci avevano insegnato ad amarlo fin dalla prima elementare con le filastrocche imparate a memoria, che paragonavano la sua nascita a quella di Gesù bambino e raccontavano la storia della sua vita quasi fosse trasfigurazione. Nessuno di noi aveva mai pensato di porre in discussione la sua esistenza o l’aura sacra che lo circondava. Il futuro non avrebbe potuto essere diverso dal presente. Il duce era eterno ed eterno sarebbe sempre stato. Faceva paura che avrebbe potuto non esserci più».

Sullo sfondo, un altro personaggio positivo del romanzo è Noè, figlio del feroce fruttivendolo Tresoldi, ma dovremmo dire vittima più che figlio, considerate le botte che prende dal padre. Fruttivendolo che ha ottenuto il suo negozio in centro grazie allo sfratto di un macellaio antifascista, “perché - dice Matteo - se non ci stai attento i fascisti non ti lasciano neppure le mutande”. Noè è un ragazzo coraggioso, che non esiterà a farsi picchiare dai fascisti per difendere le nostre protagoniste.

Un libro, La Malnata, sull’amicizia fra persone diverse ma in un certo senso complementari, che ci ricorda le protagoniste de L’amica geniale, di Elena Ferrante, Lila e Lenù, e quelle de L’Arminuta, di Donatella di Pietrantonio.

Unica critica al libro che sentiamo di muovere riguarda il finale, che ci è apparso alquanto troppo frettoloso, sfumato, incompiuto. Ma siamo di fronte a una giovanissima autrice, comunque molto promettente.

adriana spera 130x130Adriana Spera
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

empty alt

26 aprile 1986: il disastro nucleare di Chernobyl

In Ucraina, la mattina del 26 aprile 1986 si verificava il più grande disastro industriale della...
empty alt

Ex base Nato di Monte Giogo, presto in concessione al Parco nazionale dell’Appennino

La Direzione toscana del Demanio ha ufficialmente comunicato al Parco nazionale dell’Appennino...
empty alt

Venosa, splendido territorio ricco di tracce del passato, ceramiche e pregiati vini

In groppa alla docile mula “Bellina”, sulla “vardedda” zio Pasqualino, due “panari” di uova della...
empty alt

Licenziamento illegittimo se il dipendente comunica solo all’Inps il nuovo domicilio

Con ordinanza n. 838/2024, pubblicata in data 28 marzo scorso, la Corte di cassazione - sezione...
empty alt

“Confidenza”, il film della settimana proposto dal Foglietto

Confidenza, tratto dall’omonimo romanzo di Domenico Starnone (Edito da Einaudi), regia di Daniele...
empty alt

“Università e militarizzazione” ovvero “Il duplice uso della libertà di ricerca”

Università e militarizzazione – Il duplice uso della libertà di ricerca di Michele Lancione – Eris Edizioni...

Ti piace l'informazione del Foglietto?

Se ti piace quello che leggi, puoi aiutarci a continuare il nostro lavoro sostenendoci con quanto pensi valga l'informazione che hai ricevuto. Anche il costo di un caffè!

SOSTIENICI
Back To Top