La scelta di recarsi al lavoro con un proprio mezzo di trasporto è legittima, ma per traslare il costo di eventuali incidenti stradali sull'intervento solidaristico a carico della collettività è necessario che tale uso sia assistito da un vincolo di "necessità”.
A stabilirlo è stata la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 22154/2014, depositata il 29 ottobre scorso.
La vicenda traeva origine dalla richiesta di risarcimento presentata all’Inail da un dipendente lavoratore che, mentre si recava sul posto di lavoro, aveva subito danni a seguito di un incidente stradale nel quale era rimasta coinvolta la sua autovettura.
Di fronte al rifiuto dell’Istituto assicurativo pubblico, il dipendente si era rivolto al tribunale, che gli aveva dato ragione.
Di diverso avviso sia la Corte d’appello che la Cassazione, che - nel ribadire che l'uso del mezzo proprio, con l'assunzione degli ingenti rischi connessi alla circolazione stradale, deve essere valutato con adeguato rigore, tenuto conto che il mezzo di trasporto pubblico costituisce lo strumento normale per la mobilità delle persone e comporta il grado minimo di esposizione al rischio di incidenti – hanno confermato che “l'indennizzabilità dell'infortunio in itinere, subito dal lavoratore nel percorrere, con mezzo proprio, la distanza fra la sua abitazione e il luogo di lavoro, postula: a) la sussistenza di un nesso eziologico tra il percorso seguito e l'evento, nel senso che tale percorso costituisca per l'infortunato quello normale per recarsi al lavoro e per tornare alla propria abitazione; b) la sussistenza di un nesso almeno occasionale tra itinerario seguito ed attività lavorativa, nel senso che il primo non sia dal lavoratore percorso per ragioni personali o in orari non collegabili alla seconda; c) la necessità dell'uso del veicolo privato, adoperato dal lavoratore, per il collegamento tra abitazione e luogo di lavoro, considerati i suoi orari di lavoro e quelli dei pubblici servizi di trasporto”.
Nel caso in esame, invece, l’abitazione del dipendente distava dal luogo di lavoro circa un chilometro, per cui - scrivono i giudici - il percorso ben poteva essere effettuato con il mezzo pubblico, se non addirittura a piedi, e ciò in quanto il ricorrente non ha allegato alcuna motivazione a supporto della necessità di utilizzare la propria autovettura.