Ancora una conferma da parte della Corte di Cassazione in materia di legittimità del licenziamento inflitto al lavoratore dipendente colto – da un investigatore privato incaricato dal datore di lavoro – a svolgere attività lavorativa presso terzi durante l’assenza per malattia caratterizzata da invalidità temporanea.
La recente decisione dei Giudici della Suprema Corte reca il n.19089/2017 ed è stata pubblicata lo scorso 1° agosto.
A nulla son valse le argomentazioni difensive del lavoratore che ha sostenuto che l’attività svolta non avrebbe pregiudicato o ritardato il processo di guarigione dal momento che l’inabilità temporanea non significava assoluta incapacità di movimento.
La Corte, invece, nel respingere il ricorso, ha ribadito che “costituisce illecito disciplinare l’espletamento di attività extralavorativa durante il periodo di assenza per malattia non solo se da tale comportamento derivi un’effettiva impossibilità temporanea della ripresa del lavoro, ma anche quando la ripresa sia solo messa in pericolo dalla condotta imprudente” del dipendente che, nel caso di specie, si è visto condannato anche al pagamento delle spese al datore di lavoro, quantificate in euro 4.500,00, oltre spese generali, iva e cpa, come per legge, e raddoppio del contributo unificato,