Non possono essere condannati per diffamazione i genitori che scrivono al Dirigente scolastico lamentele pesanti su un professore.
Questa, in sintesi, la motivazione con la quale, con sentenza n.17813/23, pubblicata il 28 aprile scorso, la V Sezione penale della Corte di cassazione ha respinto il ricorso di una professoressa che riteneva di essere stata diffamata da genitori di due alunni, che avevano indirizzato una lettera al Dirigente scolastico e al Provveditorato agli Studi, con la quale si lamentavano del comportamento offensivo e quasi persecutorio che la docente aveva nei confronti dei due alunni medesimi.
I genitori, dopo essere stati assolti sia dal Giudice di Pace che dal Tribunale, si sono dovuti difendere anche innanzi alla Cassazione, dove la docente aveva proposto ricorso.
I Giudici della Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso e nel confermare, quindi, le predette decisioni assolutorie, hanno ribadito la propria precedente giurisprudenza, affermando che “in tema di diffamazione, è configurabile l’esimente putativa dell’esercizio del diritto di critica nei confronti di chi abbia la ragionevole e giustificabile convinzione della veridicità dei fatti denunciati, lesivi dell’altrui reputazione, anche se di essa non sussista certezza processuale”.
Alla declaratoria della inammissibilità del ricorso è seguita la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa della stessa inammissibilità, al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che la Sezione giudicante ha ritenuto equa e congrua determinare in euro 3.000.
Rocco Tritto