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Sabato, 13 Dic 2025

Come tutti ricordano, in prossimità del referendum l’attività parlamentare si è bloccata. La ripresa è stata lenta e ha mosso i primi passi solo dopo il varo del governo Gentiloni. Insieme ad altri provvedimenti, anche delle Cattedre Natta si erano, per così dire, perse le tracce. Sennonché, da qualche giorno, anch’esse sono state “resuscitate”.

In audizione, il 22 febbraio scorso, davanti alle Commissioni riunite Istruzione e Cultura di Camera e Senato, la ministra Valeria Fedeli ha confermato l’impegno dell’attuale governo di voler far partire le famose cattedre, senz’altro uno dei provvedimenti qualificanti dell’era Renzi.

Secondo la ministra, insieme alle borse Montalcini, di cui vi abbiamo riferito la settimana scorsa, quello delle Cattedre Natta è un progetto di importanza prioritaria, che si inscrive nel più ampio disegno, ormai in atto da un pezzo, di favorire il rimpatrio nel nostro paese dei cervelli fuggiti. Se finora il perseguimento di questo obiettivo avrebbe portato, a dire della ministra, al rientro di 268 studiosi, con la messa a regime delle Cattedre Natta si dovrebbe andare incontro a risultati senz’altro più significativi.

Sul piano procedurale, il Dpcm che prevede le Cattedre Natta dovrà essere “corretto” alla stregua delle indicazioni provenienti dal Consiglio di Stato, che sul testo presentatogli aveva avuto molto da ridire, per tornare poi nelle Commissioni parlamentari per il prescritto parere.

Delle critiche a queste cattedre, ribattezzate “cattedre governative” e con qualche profilo di incostituzionalità, abbiamo detto e ridetto nei mesi scorsi [1, 2, 3, 4], dai più venendo considerato inaccettabile che per questa iniziativa si stabilissero procedure speciali e stipendi maggiorati. Il tutto, per di più, in un contesto di risorse perennemente carenti per gli atenei, sicché fino alla scorsa settimana il Cun ha proposto di stornare sul Ffo le risorse destinate alle cattedre Natta, finora mai partite.

Ora che i giochi si riaprono, l’appello del Cun sembra destinato a cadere nel vuoto; quanto meno a non essere raccolto da questo governo.

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