Il 1° maggio prossimo dovrebbe entrare ufficialmente in vigore l’Ape, che sta per anticipo pensionistico. Si tratta di un progetto sperimentale, introdotto dall’art. 1, comma 166 e segg. della legge 232/2016, che consentirà, fino al 31 dicembre 2018, ai lavoratori, sia pubblici che privati, che hanno raggiunto almeno 63 anni di età anagrafica e si trovano a non più di 3 anni e 7 mesi dal pensionamento di vecchiaia nel regime obbligatorio di essere collocati anticipatamente in pensione.
Al momento, mancano ancora alcuni decreti attuativi e, soprattutto, sono attese le convenzioni con Banche e Assicurazioni, per fissare i costi dell’anticipo, che ricadranno su quanti vorranno utilizzare la possibilità prevista dalla legge.
I potenziali beneficiari, infatti, sono stati stimati in circa 300 mila per l’anno 2017 ed in circa 115 mila per il 2018.
La legge prevede anche l’Ape sociale, con oneri a carico dello Stato, che permetterà di anticipare il pensionamento di vecchiaia fino a tre anni e sette mesi ai lavoratori che hanno almeno 63 anni di età, qualora si trovino in difficoltà o svolgano attività particolarmente faticose: nel primo caso serviranno almeno 30 anni di contributi, nel secondo almeno 36.
L’incontro tecnico governo-sindacati, svoltosi lo scorso lunedì, che avrebbe dovuto chiarire molti aspetti ancora nebulosi, è risultato del tutto interlocutorio, contribuendo così a rafforzare la tesi di quanti sostengono che la data di avvio della sperimentazione è destinata a slittare.