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Mercoledì, 26 Giu 2024

La tomba di Carlo Levi ad Aliano ricorda quella di Rocco Scotellaro. Due pareti, due ali, in pietra per Rocco, in mattoni rossi per Carlo, attraverso le quali lo sguardo pietoso spazia tra oliveti e calanchi, elevandosi dalle lapidi di marmo poste ai loro piedi a custodire le spoglie mortali.

Tricarico e Aliano distano 35 chilometri in linea d’aria. Rocco e Carlo si tengono per mano, librandosi liberi e fieri su questa terra lucana che tanto hanno amata. In modo diverso ma ugualmente profondo.

Sono stato ad Aliano una prima volta dieci anni fa. Da turista. Questa volta ho voluto tornarci da lucano, per onorare la memoria di Carlo Levi, qui confinato, lontano dal suo mondo piemontese, per aver manifestato le sue idee antifasciste. Nel 1930 aderisce al Movimento antifascista “Giustizia e Libertà”, fondato a Parigi nel 1929, viene arrestato nel 1934 e nel 1935 confinato prima a Grassano e poi ad Aliano. Qui si incontrano due mondi. La negletta Basilicata interna, reclusa nelle sue barriere fisiche, oppressa dalla sua stessa incapacità di emanciparsi, e il mondo della cultura e della ribellione attiva che Levi portava con sé. Nel giro di poco tempo, Levi si prende cura, forse inconsapevolmente, per forza di cose, degli abitanti di questi luoghi. E loro, anch’essi forse per forza di cose, “adottano” Carlo Levi e se ne lasciano adottare. Si conoscono a vicenda. Nasce un reciproco amore.

Il dottor Levi cura la sua gente. Dalla gente trae ispirazione per il suo libro “Cristo si è fermato ad Eboli”. Prima di tornare ad Aliano ho voluto visitare ancora una volta il museo di Palazzo Lanfranchi a Matera. Quadri, alcuni dipinti ispirati da foto del suo amico Carbone, insieme con lui tornato tempo dopo ad Aliano.

Riascolto Italo Calvino, Renato Guttuso e Mario Soldati che, con un video di pochi minuti, alzano il sipario su quello che ha visto e ritratto Carlo ad Aliano, nella Lucania di quei tempi. Commentano figure di un dipinto lungo la parete a sinistra della sala, commissionato da Soldati a Carlo per esporlo a “Italia 61”, a Torino nello spazio dedicato alla Basilicata. Alto 3 metri e lungo venti metri, una sequenza come un film. Il dipinto, i quadri, le descrizioni del lungometraggio “La Lucania di Levi”, riportano nel mondo di decine e decine di anni fa, che è poi, per questo dimenticato angolo di terra, lo stesso di secoli fa. Un paese intero vive in quest’opera.

Quanta storia nelle foto, nei quadri, nel lungo dipinto, nei cinque minuti del filmato, commentato da Calvino Soldati e Guttuso che dice “Se Verdi fosse stato un pittore avrebbe dipinto questo quadro”.

Soldati divide il lungo dipinto in tre fasi. Passato, le caverne, la coabitazione in unico ambiente di donne uomini bambini vecchi asinelli caprette e galline, la maga “dagli occhi diabolici”, il pianto per il morto, gli stenti. Presente, la vita agricola, il lavoro dei campi, la partenza prima dell’alba, il sudore sotto il sole cocente, la carovana del ritorno prima che calino le tenebre della sera, gli asinelli gravati da sacchi, bisacce e ceste, talvolta con bimbi dentro, la miseria vissuta con dignità.

L’Avvenire, quello sognato e prospettato dal giovane rosso Rocco nei suoi comizi (o poesie, dice Sodati). Sì, le tre epoche.

Mentre mi avvio per Aliano sento che sono in me, inscindibili, tutte insieme queste storie. Michelino, i due ragazzini, gli occhi neri, penetranti e diabolici della maga, i “grandi morti del passato che si affacciano dai loro tempi, Fortunato Nitti Dorso”, “le madri terrene e celesti che piangono il morto”, la composta dolcezza della “Santarcangelese” con il bimbo in braccio.

E famiglie, animali compresi, in un’unica stanza dove quindici bambini dormono ammassati. E la bimba che sorride giocando, mentre la capretta con la testa all’indietro guarda incuriosita, occhi vispi, il fotografo. E i disoccupati che aspettano, le inutili mani intrecciate, il lavoro. E i vecchi che a testa china si raccontano. E le piccole comunità davanti alle porte. E il giovane Rocco che prospetta la nuova Alba a “compagni e fratelli”. E un mondo nuovo che nasce, con la parola e le immagini, come recita alla fine Soldati.

Arrivo arricchito ad Aliano, 865 abitanti, 555 metri di altitudine, appollaiato sui calanchi più spettacolari della Basilicata.

Da lontano appare “disteso come un vecchio addormentato” nei pressi dei fiumi Agri e Sinni che nel passato favorivano gli scambi con civiltà greche, etrusche ed Enotrie. Nonostante la sua antica e ricca storia che si fa risalire al VI secolo a. C. della quale ci sono numerosissime tracce nella Necropoli, Aliano deve a Levi la sua notorietà. E per Levi attira sempre più turisti che hanno poi modo di visitare questo bel paesino che nel secolo VIII fu rifugio di monaci Basiliani.

La mia prima tappa è il cimitero, semplice, dignitoso e ben tenuto. A sinistra, la tomba di Levi spazia su orti e oliveti. Non so bene perché, ma invece della pietra classica per una tomba ebrea, poso sulla lapide una pigna di vicini cipressi. Libera di andare lontana col vento. Uscendo, chiedo di Scoobidou, uno stupendo cane, un docile affettuoso fulvo leone conosciuto nella nostra visita a Aliano in un afoso agosto del 2014 e del quale ci siamo innamorati, mia moglie Grazia ed io. Come tutti gli abitanti e i turisti che lui seguiva affettuoso. Confesso, anche per lui sono ritornato. Non c’è più.

In paese è stata apposta una lapide con una bella foto e l’iscrizione “A Scooby amato dai turisti e da tutti i cittadini di Aliano”. Grazie alianesi.

Nel centro, un’ampia piazza con la semplice chiesa di San Luigi Gonzaga del XVII. Verso il basso sulla sinistra il vecchio borgo ben recuperato, la casa del Malocchio, costruita con occhi e bocca spalancata per tenere lontani gli spiriti del male. Di fronte, il Municipio. Sulla destra, l’affascinante, inquietante Orrido. La Fossa, il complesso di calanchi più ripido e profondo che abbia visto finora. La fossa del Bersagliere, in fondo alla quale leggenda vuole sia stato scaraventato un bersagliere che importunava le donne del paese. Lunga fossa sui bordi della quale sorge la casa-confino di Levi, nel cui giardino abitava il suo cane Barone.

Aliano, cuore del Parco letterario Carlo Levi, ospita la omonima Casa museo Carlo Levi ed è ricco di eventi culturali e di manifestazioni. Fra questi, il Festival “La Luna e i Calanchi”, diretto dal paesologo Franco Arminio e il Carnevale delle “Maschere cornute”.

Dall’alto della Fossa leggi tutto un mondo umano e sovrannaturale, così come lo leggevano i personaggi dei dipinti. Il volto di Dio con le sue espressioni al mutare delle stagioni. L’ira per i peccati del mondo nel sinistro spaventoso ululare del vento, il dono delle bianche magiche coltri nevose che fanno ben sperare per il raccolto. Il sorriso di speranza della primavera che strappa fiori ai radi cespugli e ai frutteti. Quello dolce e malinconico dell’autunno. E quello ridente dell’estate, quando la terra fa maturare i suoi frutti e dona i suoi effluvi all’aria calda che li diffonde.

vitantonio iacoviello 130x130Vitantonio Iacoviello
Consigliere Nazionale Italia Nostra
Presidente Sezione Vulture Alto Bradano
facebook.com/vitantonio.iacoviello/
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Il testo dell'articolo è apparso sul Quotidiano del Sud del 21 febbraio 2024

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