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Mercoledì, 24 Apr 2024

It di Andres Muschietti, con Bill Skarsgård, Finn Wolfhard, Jaeden Lieberher, Nicholas Hamilton, Owen Teague, Sophia Lillis, Megan Charpentier, durata 135’, nelle sale dal 19 ottobre 2017, distribuito da Warner Bros.

Recensione di Luca Marchetti

Riconosciuto da tutti come il capolavoro di Stephen King, It ha già avuto una fortunata trasposizione (televisiva) negli anni novanta, una miniserie che deve molto del suo successo soprattutto per l’interpretazione leggendaria di Tim Curry, diabolico e terrorizzante Pennywise.

In un’industria cinematografica sempre pronta a produrre remake e sequel di opere cult degli anni ottanta/novanta (in un infinito loop-revival nostalgico), non poteva mancare una nuova versione, aggiornata ai gusti attuali, del bestseller horror del 1986.

Affidato prima a Cary Fukunaga (regista della prima stagione di True Detective, poi rimasto solo come sceneggiatore), il progetto è stato consegnato nelle mani dei fratelli Muschietti, già artefici di La madre, piccolo trionfo dell’horror.

I produttori, con una scelta dettata sia da interessi commerciali sia da un sincero desiderio di dare profondità narrativa al proprio adattamento, hanno scelto di trasformare il libro di King in ben due pellicole, seguendo la divisione temporale del romanzo.

Andy Muschietti e sua sorella Barbara (produttrice e collaboratrice) si sono, così, potuti concentrare totalmente sulla prima parte, dando credibilità e spazio alla lotta implacabile tra i giovanissimi, fantastici eroi del Club dei Perdenti, contro l’immonda creatura It, il demone che sta terrorizzando da secoli la cittadina di Derry.

Accompagnato da grandissime attese (pompate da trailer letteralmente terrificanti), il nuovo It ha sbancato il box office americano e si appresta a conquistare, e spaventare, il pubblico internazionale.

Dal punto di vista dell’intrattenimento pauroso, non si può certo negare che il film di Muschietti non faccia il suo effetto, ma il risultato finale è diverso dal capolavoro acclamato dalla critica d’oltreoceano.

Nel film di Muschietti, infatti, vivono due pellicole diverse. Da un lato, abbiamo un meraviglioso racconto di formazione, un coming of age frizzante e commovente che, oltre a guardare alle migliori opere del maestro John Hughes, ha la fortuna di essere interpretato da giovani attori eccezionali, dai volti perfetti (sentiremo molto parlare di Sophia Lillis, ne siamo sicuri). In questo racconto d’infanzia, la nostalgia, la paura di crescere, i battiti dei primi amori e le lacrime delle prime delusioni sono punti fondamentali, dando alle vicende dei piccoli eroi una calda verosimiglianza.

Dall’altro lato, però, nel raccontare la battaglia tra i Perdenti e Pennywise, Muschietti sceglie di muoversi del new horror hollywoodiano, calcando la mano su un estenuante tour de force di spaventi e disagi.

Questa storia d’orrore, per ovvi motivi, è focalizzata più sugli aspetti thriller e avventurosi che su quelli disturbanti (per quanto la violenza sia uno degli elementi chiave di quest’adattamento), trasformando Pennywise non in mostro osceno ma in un villain classico, mutuato molto dal Joker di Heath Ledger.

Entrambi questi “film” che convivono dentro It sono efficaci, interessanti e ben costruiti. Muschietti, infatti, si mostra a suo agio sia con dei bambini pronti a diventare adulti, sia con la battaglia archetipica contro la belva malvagia. Il problema principale, però, è che, nel momento di fonderli in un’unica storia, i risultati sono un po’ confusi.

La fusione tra le due anime del film, infatti, pur fatta con le migliori intenzioni e con i più attenti accorgimenti, risulta fredda e fin troppo calcolata, facendo sentire al pubblico un continuo dislivello di tono. Ciononostante, It è una pellicola che, seguendo i suoi obiettivi, funziona, lasciando allo spettatore, non solo il divertito spavento e la commovente empatia per i suoi piccoli protagonisti, ma la voglia di gustarsi il secondo capitolo, quello finale, dove la lotta con Pennywise troverà il suo epilogo.

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critico cinematografico

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