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Domenica, 19 Mag 2024

C’erano una volta, ma ci sono ancora sebbene quiescenti, le “cattedre Natta”, quelle escogitate per rilanciare la ricerca ma di fatto diventate il fomite di tante critiche e altrettanto scontento tra i docenti, che, già insoddisfatti per il mancato riconoscimento degli scatti stipendiali, proprio non credevano di meritare ulteriori disparità di trattamento, come quelle che “le Natta” avrebbero appunto finito per realizzare. Ebbene, cadute nel dimenticatoio, esse sono tornate ora alla ribalta.

Nell’Adunanza dell’8 novembre scorso, avente ad oggetto analisi e proposte sulla legge di bilancio per il 2018, il Cun (Consiglio universitario nazionale), premesso che le misure ivi inserite avranno un impatto significativo sulla gestione futura degli atenei, ha deciso di sottoporre all’attenzione della ministra Fedeli un documento con tutta una serie di considerazioni critiche in ordine al sottofinanziamento complessivo delle Università e non solo.

Proprio nell’ambito di queste considerazioni, rifanno capolino le cattedre Natta, rectius i fondi a esse destinati, che il Cun propone di ridurre a vantaggio dei benefici in materia di diritto allo studio per gli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, come recita la Costituzione (art.34). L’uso dei predetti fondi, sottolinea il Cun, non sarebbe la panacea ma consentirebbe di ridurre il numero, estremamente rilevante, di studenti “idonei non beneficiari”, formula assurda, tanto ridicola nella forma quanto perniciosa negli effetti, dato che, mentre riconosce l’esistenza del diritto, finisce in concreto per negarlo. Una situazione paradossale, di cui questa repubblica deve vergognarsi.

E qui viene facile constatare che, mentre parla di studenti capaci e meritevoli, ma privi di mezzi, la Costituzione non accenna nemmeno lontanamente alle cattedre Natta, sicché, per chi scrive, il problema della scelta proprio non si pone e la ministra, tanto più alla luce dei suoi trascorsi, non dovrebbe minimamente esitare a dar retta al Cun. Ma c’è di più: visto che ci siamo, ci piace ricordare che dalla Carta traspare il chiaro messaggio della priorità della persona sullo Stato, tanto più da rispettare se, come nel caso di specie, ci si trova di fronte a soggetti svantaggiati, verso i quali deve scattare l’inderogabile dovere di solidarietà.

Di quel che pensa delle “Natta”, in ogni caso, il Cun non fa mistero. In un crescendo rossiniano, infine e finalmente, si toglie il sassolino dalla scarpa, affermando, senza mezzi termini, che in ultima analisi “sarebbe preferibile che l’iniziativa delle cattedre del merito (ossia le Natta) fosse definitivamente abbandonata e, conseguentemente, che l’intero importo del fondo Natta confluisse nel Ffo (Fondo di finanziamento ordinario) per far fronte agli oneri indifferibili degli atenei”.

Proprio quel che noi del Foglietto andiamo ripetendo da sempre, anche se, da persone navigate, delle “Natta” non ci sentiamo di escludere una qualche sorta di resurrezione. Mai dire mai.

Ma il Cun nel documento inviato alla titolare del Miur, oltre a chiedere maggiori risorse per l’istruzione universitaria, ha affrontato anche altre tematiche che toccano molto da vicino docenti e ricercatori, per i quali viene chiesto con forza il recupero degli scatti stipendiali per tutta la durata del blocco, sotto l’aspetto giuridico e, dal 2015, sotto quello economico.

Infine, quanto all’intenzione del governo di innalzare l’importo minimo delle borse di dottorato fissato con D. M. 18 giugno 2008, al fine di compensare parzialmente l’incremento delle aliquote contributive Inps sulla gestione separata e la perdita del potere di acquisto legata agli effetti inflazionistici, il Cun - poiché tale intervento non consente ai giovani che vogliano intraprendere il percorso di preparazione all’attività di ricerca di recuperare l’intera decurtazione sofferta - chiede un rafforzamento della misura e, quindi, maggiori risorse.

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