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Venerdì, 26 Apr 2024

L’impugnativa, prima al Tar e poi al Consiglio di Stato, al fine di ottenere l’annullamento del giudizio di non idoneità al conseguimento dell’Asn per le funzioni di Professore di I fascia, nel settore 06/D6, Neurologia, ha originato due interessanti pronunce, con esiti diversi, in tema, ma non solo, di criteri di qualificazione dei componenti le commissioni per le suddette Asn, materia per legge regolata dal Dpr n.222/2011 e dal Dm n.76/2012.

Secondo il Tar (Lazio, sez.III, n.11539/2015), va precisato in primo luogo che, rispetto a quanto dedotto, difetta il riferimento specifico ad almeno un commissario, sulla carenza dei suoi requisiti a ricoprire l’incarico, previsti dalla normativa; che è inoltre sprovvisto anche del necessario principio di prova l’assunto riferito al membro OCSE, secondo cui lo stesso sarebbe biologo e non neurologo; che altresì, quanto ai tempi di verifica della documentazione presentata dagli abilitandi, gli stessi non possono risultare decisivi al fine di riscontrare la correttezza o meno della procedura di valutazione, dal momento che non è normativamente predeterminato un limite di tempo per il compimento della suddetta fase e che non è dato comunque sapere quanto di quel tempo è stato dedicato ad ogni specifico aspirante all’abilitazione; che, ancora, i criteri di valutazione citati nel ricorso non sono stati aggiunti dalla Commissione a quelli previsti nella normativa, ma risultano già contemplati nella disciplina predetta e nello specifico, nell’art.4, comma 1 del D.M. n.76 del 2012, del resto correttamente citato nel verbale n.2 del 2013 dell’Organo valutativo (cfr. all.3 al ricorso; che altresì gli atti di proroga del termine di conclusione dei lavori della Commissione di valutazione risultano avere fondamento normativo, secondo quanto emerge dalla piana lettura combinata degli articoli 16 della Legge n.240 del 2010, 8 del D.P.R. n.222 del 2011, 1, commi 289, 294 della Legge n.228 del 2012 nonché pienamente giustificati alla luce della complessità della procedura, per la prima volta attivata, del numero dei settori concorsuali e delle domande degli aspiranti all’abilitazione, non essendo stata possibile la sua conclusione nei tempi originariamente previsti; che, inoltre, in relazione all’asserita disparità di trattamento, si tratta di procedura abilitativa e non concorsuale, dunque con numero di posti non limitato né predefinito, quindi senza confronto concorrenziale tra un candidato e l’altro; che, in ultimo, ai fini del conseguimento dell’abilitazione, rispetto al superamento delle mediane, essendo gli indici correlati alle stesse a carattere quantitativo (cfr. all.A, B al D.M. n.76 del 2012), risulta preminente il giudizio di merito della Commissione sulla maturità scientifica raggiunta dai candidati, ex art.4 del Dm n.76/2012).

E’ necessario, poi, evidenziare, secondo il giudice di prime cure, che, in base all’art.16, comma 3 della Legge n.240 del 2010, l’abilitazione in argomento viene attribuita con motivato giudizio fondato sulla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche del candidato; che nel caso di specie l’interessato, il quale ha presentato domanda per la I fascia, riporta, oltre alle pubblicazioni, il conseguimento di un unico titolo, quale partecipante al comitato editoriale di una rivista; che, pertanto, la Commissione di valutazione, con giudizio unanime, non incongruo, né incoerente, né irragionevole, ha ritenuto l’inidoneità all’abilitazione proprio per la carenza di titoli richiesti ex lege.

In conseguenza di quanto sopra esposto, il ricorso è stato respinto.

A esiti opposti, come detto in apertura, perviene il Consiglio di Stato, davanti al quale era stato proposto appello per la riforma della sentenza del Tar sopra illustrata. Secondo i giudici di Palazzo Spada (sez.VI, n.5217/2017), l’appello merita accoglimento, risultando fondato, in particolare, il motivo di gravame che ha inteso contestare la legittimità dell’art.8 del Dm 76/ 2013, recante la disciplina sui modi di accertamento della qualificazione degli aspiranti membri della commissione giudicatrice.

Secondo il Consiglio di Stato,” l’atto-fonte ministeriale, ossia il DM, è abilitato, in base alla legge n. 240, a dettare solo i criteri ed i parametri su cui condurre il giudizio sui titoli e le pubblicazioni scientifiche dei candidati all’abilitazione nazionale, ma non anche altre questioni, pur inerenti alla procedura de qua e certo non i modi con cui accertare la qualificazione scientifica degli aspiranti commissari, invece rimessa alla fonte regolamentare ex art. 17, c. 2 della l. 400/1988; anzi su tal precipuo aspetto, l’art. 16, c. 3, lett. h) della l. 240/2010 attribuisce a tale fonte proprio l'effettuazione del sorteggio all'interno di liste, una per ciascun settore concorsuale, in cui sono posti i nominativi dei professori ordinari aspiranti commissari, senza rinviare ad altri atti subordinati né i modi per la presentazione della domanda per esservi inclusi, né altre regole da cui possa desumersi una qualunque deroga all’obbligo di corredare la domanda con la documentazione concernente la propria attività scientifica complessiva, con particolar riguardo all'ultimo quinquennio, tant’è che, in base all’art. 6, c. 2 del DPR 222/2011, sono sorteggiabili solo i professori positivamente valutati dall’Anvur”.

“Pertanto, è ormai assodata - continua il giudice di appello - l’illegittimità dell’art. 8, c. 8 del DM 76/2012, laddove aveva previsto, con riguardo alla composizione della Commissione giudicatrice, che «… in sede di prima applicazione si prescinde dal requisito della positiva valutazione di cui all'art. 6, comma 7, della Legge… (n. 240)», poiché siffatta deroga transitoria si pone ictu oculi in contrasto con le norme poste in fonti sovraordinate; nondimeno pur nella disciplina a regime è causa d’illegittimità del citato art. 8 il per vero bizzarro criterio di semplificazione posto dal precedente c. 3, ove, senza alcun riscontro in o legittimazione da tali fonti sovraordinate, il possesso della qualificazione per gli aspiranti commissari richiama sì il criterio di valutazione ex art. 4, c. 4 per i titoli dei candidati, ma non anche quello di cui alla lett. a), cioè quello inerente alle c.d. “mediane” degli indicatori bibliometrici; in tal caso, si ha non solo il paradosso, che l’appellante denuncia, per cui al commissario, per qualificarsi, è richiesto il superamento di una sola mediana - quando al candidato potrebbe anche non bastare il superamento di tutt’e tre per giungere all’abilitazione nazionale e pur tuttavia ambire alla nomina a commissario - ma soprattutto il ripetuto art. 8 non rispetta il principio ex art. 6, commi da 3 a 5 del DPR 222/2011 per cui possono esser inclusi, nelle liste recanti gli aspiranti commissari, solo i professori di I fascia che soddisfino al massimo i criteri ed i parametri richiesti ai candidati all’abilitazione nazionale per la stessa fascia”.

Da qui la riforma della sentenza del Tar e l’accoglimento del ricorso, con l’obbligo per l’amministrazione di eseguire la sentenza.

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