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Sabato, 04 Mag 2024

Con sentenza 19 gennaio 2018, n.1978, il Tar Lazio, Sez. III, ha respinto il ricorso (presentato nel lontano 2005!) col quale la Reti Televisive Italiane spa, esercente l’emittente televisiva “Italia Uno”, chiedeva l’annullamento del provvedimento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) che le ordinava di pagare una sanzione pecuniaria di euro 20mila, poiché nel corso della trasmissioni televisiva “La Fattoria” (reality show seguito da una larga fascia di pubblico), andata in onda il 20 aprile 2004, era stata pronunciata una bestemmia idonea, per l’offesa al sentimento religioso in essa insita, a pregiudicare lo sviluppo psichico e morale dei minori.

Al riguardo, il giudice amministrativo, dopo aver ricordato la disposizione normativa che regola la fattispecie (art.15, comma 10 legge n.223/90), ha richiamato l’interpretazione della predetta disposizione data dalla Corte di Cassazione (sentenza n.6760/2004), peraltro riportata nel provvedimento impugnato.

Tanto premesso, il giudice amministrativo ha ritenuto che il provvedimento impugnato abbia correttamente applicato i principi individuati dal giudice di legittimità, atteso che:

1) la pronuncia di una bestemmia risulta, per il suo contenuto, di per sé evidentemente idonea a pregiudicare lo sviluppo morale e psichico dei minori in ragione dell’offesa al sentimento religioso insita in essa.

Tale idoneità, poi, deve essere valutata anche con riferimento al contesto in cui si è verificato l’episodio in quanto la pronuncia di una bestemmia veicolata dal mezzo televisivo, caratterizzato di per sé da alta diffusività, comporta il concreto rischio di una legittimazione ad usare nel linguaggio comune tali espressioni non commendevoli, rischio nella fattispecie aggravato dal fatto che la frase è stata proferita nell’ambito di un reality show ovvero di un programma seguito da una larga fascia di pubblico, anche minore.

Anche l’orario in cui l’episodio si è verificato, le 22,40, “immediatamente contiguo alla fascia oraria della c.d. «televisione per tutti» è stato correttamente valorizzato dall’Autorità ai fini della concreta pericolosità della condotta che deve essere necessariamente desunta dalle modalità della stessa e non esclusivamente da «specifici parametri di riferimento predeterminato», come, invece, deduce la ricorrente.

2) Il provvedimento impugnato ha ritenuto, sotto il profilo soggettivo, la responsabilità della ricorrente in ordine alla condotta contestata, addebitando alla stessa l’inosservanza dell’«obbligo di vigilare sulla rispondenza delle trasmissioni alla normativa vigente in materia di diffusione di programmi radiotelevisivi».

La valutazione in esame concerne specificamente il profilo soggettivo della condotta essendo in essa implicito il giudizio di non sufficienza delle cautele adottate dalla ricorrente.

Proprio le particolari condizioni in cui operavano i partecipanti e la serrata competizione esistente tra gli stessi, costituenti alcuni dei principali elementi di richiamo del programma televisivo, rendevano non implausibile il ricorso ad espressioni dello stesso tipo di quelle contestate alla ricorrente.

L’episodio in esame, pertanto, non assume il carattere di circostanza eccezionale ed imprevedibile e, quindi, avrebbe dovuto essere oggetto di idonee misure preventive, individuate dalla ricorrente, quali, ad esempio, la sottoscrizione, da parte dei partecipanti, di impegni giuridicamente vincolanti ad evitare tali comportamenti o, come ha ritenuto il Tar Lazio in analoga fattispecie, la predisposizione di “meccanismi di controllo dei dialoghi dei partecipanti".

3) Il provvedimento dell’Agcom non è affetto da eccesso di potere per difetto di motivazione poiché nella fattispecie risultano rispettati i criteri di cui all’art.11 della legge n.689/81, in quanto l’Autorità, nell’applicare una sanzione pecuniaria congruamente determinata nella misura di meno della metà rispetto al massimo edittale, risulta avere correttamente valutato, da una parte, la gravità della violazione, l’organizzazione e le condizioni economiche della ricorrente e, dall’altra, la condotta tenuta dalla ricorrente stessa successivamente al fatto con l’espulsione del concorrente.

Resta, comunque, un interrogativo: per la tutela dei minori, è educativo mandare in onda in fascia protetta i reality show?

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