Il 3 dicembre del 2017, rispondendo a un tweet di Stefano Agnoli, giornalista del Corriere della Sera, il Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, dichiarò che prima delle elezioni del 4 marzo sarebbe stata pubblicata la mappa (identificata con l’acronimo CNAPI) dei luoghi del territorio nazionale adatti per il Deposito Unico delle scorie nucleari, che attualmente sono sparse in qualche decina di luoghi non particolarmente sicuri.
03.12.2017 @stefanoagnoli
..E che cosa accadrebbe se venisse pubblicata la famigerata Cnapi (deposito rifiuti nucleari) che elezione dopo elezione resta nel cassetto? @Carlo Calenda
03.12.2017 @CarloCalenda
La pubblichiamo prima delle elezioni
Non credo che la mappa vedrà la luce nei prossimi due giorni ed è quindi lecito immaginare che ancora una volta, come sta ormai succedendo da trent’anni, non verranno mantenuti gli impegni presi in varie occasioni da esponenti del Governo.
Confesso che mi dispiace. Pensavo che Calenda fosse affidabile e, comunque, diverso dagli altri, malgrado la sua insopprimibile tendenza a voler apparire “il più bravo della classe”, in maniera, talvolta, leggermente logorroica. E che finalmente si risolvesse un problema che ha mostrato nel modo peggiore possibile l’incapacità italica ad affrontare problemi complessi. La “segretissima” mappa, ancor più segreta del “Terzo Segreto di Fátima”, non è che di per sé susciti in realtà molto interesse. Il problema è che la pubblicazione della mappa è il primissimo inderogabile passo per iniziare il complesso cammino verso la creazione del Deposito.
Cerchiamo di ricostruire, nei limiti delle nostre informazioni senz’altro incomplete, come si è arrivati a questo punto, decisamente grottesco.
All’inizio del 2010, viene pubblicato il decreto legislativo che disciplina il sistema di stoccaggio dei rifiuti radioattivi. Non succede niente fino al giugno del 2014 quando ISPRA, avvalendosi di “esperti”, produce la guida tecnica per individuare i luoghi idonei per il Deposito. Gli “esperti” indicano una trentina di criteri per escludere zone non adatte. Un lavoro severo e rigoroso, questo degli “esperti”, tanto che applicando i loro criteri alla lettera, come io ho fatto per esercizio, non risulta che nell’Italia continentale e in Sicilia esista un luogo adatto per sistemare definitivamente le scorie nucleari.
I tecnici della SOGIN con i loro consulenti, giustamente molto più bravi oltre che più ottimisti di me, alcuni mesi dopo proposero all’ISPRA una mappa dei siti possibili, cioè la mitica CNAPI, che d’ora in poi sarà “segretissima”. Il segreto, anzi il mistero, è fittissimo: si sa soltanto che l’ISPRA l’analizza e scrive una relazione che consegna al Ministero dello Sviluppo Economico e al Ministero dell’Ambiente.
I due Ministeri richiedono, a stretto giro di posta, approfondimenti alla SOGIN e all’ISPRA. Dopo aver adeguatamente approfondito, la CNAPI viene risottoposta ai due Ministeri. Questo andirivieni si conclude nel luglio del 2015 quando, solennemente, MISE e MATTM annunciano che entro agosto, cioè circa entro un mese, la CNAPI sarebbe stata pubblicata. Finalmente a settembre 2015 si potrà partire con il progetto del Deposito. Ovviamente, come d’abitudine: solo chiacchiere al vento!
Non so se sia stato fatto e che cosa eventualmente sia stato fatto di nuovo per la CNAPI in questi ultimi tre anni. Come raccontato dal Foglietto la settimana scorsa, nel luglio del 2016 il CdA della Sogin è stato completamente rinnovato. Sull’operato di quest’ultimo, la Corte dei conti ha espresso un parere decisamente positivo. Nulla di rilevante, però, la Corte ha detto sul Deposito e sulla CNAPI. Forse perché non c’era nulla di nuovo da dire. Quello che sappiamo è che già nel 2017 la SOGIN aveva svolto tutti i compiti che le erano stati assegnati relativamente al Deposito. Pertanto, a questo punto, per partire manca solo l’autorizzazione del potere politico.
Anch’io, per giocare, ho fatto una mia mappa dei luoghi idonei ad ospitare il Deposito usando il buonsenso, cioè ignorando i criteri ISPRA. Se i miei luoghi idonei non coincideranno, almeno in parte, con quelli della CNAPI, non ci resterò male ma mi preoccuperò molto.
Questi i fatti. Mi si consenta, però, un commento su tutta la vicenda.
Quando si parla di grandi investimenti infrastrutturali nazionali per riavviare l’economia mai una volta che sia stato nominato il Deposito Nazionale per i rifiuti radioattivi. Come non considerare una grande opera di pubblica utilità, un progetto da 1,5/2 miliardi per stoccare in sicurezza, per i prossimi 300 anni, i 90mila metri cubi di rifiuti di alta e bassa radioattività prodotti in Italia?
Il deposito non è solo imprescindibile per chiudere il ciclo di smantellamento delle centrali nucleari ma è indispensabile per smaltire i rifiuti sanitari; i materiali radioattivi usati in diversi processi industriali; i radioisotopi usati nella ricerca biomolecolare e via dicendo.
Il deposito è un obbligo di legge del 2010. E’ un impegno non rispettato che, addirittura, ha fatto scattare, a livello europeo, l’ennesima procedura d’infrazione. In questi sette/otto anni, i vari governi che si sono succeduti hanno ignorato la questione. Non è mai il momento opportuno per pubblicare la carta dei siti potenzialmente idonei ad ospitare il Deposito. Tale è la paranoia della politica che, nell’estate 2015, si è arrivati a fare nottetempo una clamorosa retromarcia dopo pubblici annunci e una costosissima e discutibile campagna di spot per il deposito nazionale. La carta, ormai poco più di una barzelletta, è stata secretata di nuovo nella cassaforte del Ministero.
A squarciare la cappa di imbarazzato silenzio o, peggio, di fantasiose illazioni, il Ministro Calenda nell’estate 2016 pubblicamente prese l’impegno di pubblicarla a conclusione della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) del programma nazionale di gestione del combustibile e dei rifiuti radioattivi.
Lo scorso 12 dicembre, la commissione Via/VAS ha espresso il proprio parere, accogliendo molte delle 288 osservazioni raccolte nel corso degli oltre 3 mesi di consultazione pubblica effettuata dalla SOGIN. Anche se si è persa qualche settimana per i rimpalli tra il Ministero dell’Ambiente e quello dei Beni Culturali, ormai avremmo dovuto essere in dirittura d’arrivo.
Infatti, interpellato sui social, Carlo Calenda, come ho scritto all’inizio, ha dichiarato che la carta sarebbe stata divulgata prima delle elezioni.
Anche il Ministro dell’Ambiente ha le sue responsabilità in questa vicenda: dovrebbe firmare un provvedimento che sancisca la conclusione della procedura VAS del programma nazionale di gestione dei rifiuti radioattivi. Ancora oggi sul sito del Ministero si legge che il provvedimento è alla firma del Ministro. Probabile che il dossier sia sulla scrivania di Gian Luca Galletti, ma seppellito più profondamente che in un deposito geologico.
Dal referendum sul nucleare del 1987, niente come la creazione del Deposito delle scorie nucleari ha meglio mostrato l’insipienza, l’incompetenza, l’arroganza e l’irresponsabilità della nostra classe politica. Tanto che è da rivalutare il tentativo del Generale Carlo Jean che, sprezzante del pericolo e con un’abile mossa di blitzgrieg degna di Carl Von Clausewitz, tentò di imporre il Deposito a Scanzano Ionico. Anche se poi fu inseguito e raggiunto dalla popolazione armata di forconi, il suo onore restò intatto. Dell’incolumità del resto non fu dato sapere.
Geofisico dell’Accademia dei Lincei