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Venerdì, 26 Apr 2024

Con sentenza n. 3641 del 3 aprile 2018, il Tar Lazio, Sez. III bis, ha deciso un ricorso collettivo presentato da un cospicuo numero di ricercatori universitari.

I ricorrenti, tutti ricercatori a tempo indeterminato che aspirano all’incarico di Professore associato – dopo avere esposto il diverso trattamento riservato dal legislatore ai ricercatori a tempo determinato - RTD (per i quali, laddove abbiano ottenuto l' abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di Professore associato, l'Università di appartenenza dopo il triennio dall’immissione in servizio ha l’obbligo di valutarli ai fini dell'immissione nel ruolo dei Professori associati) rispetto ai ricercatori del ruolo ad esaurimento a tempo indeterminato - RTI, per i quali non sussiste analogo obbligo (con la conseguenza che i predetti, anche ove abilitati, per poter aspirare al posto di Professore associato, devono attendere che venga bandita un'apposita procedura comparativa, magari in una Università diversa da quella di appartenenza) – hanno impugnato il Decreto Ministeriale 18 febbraio 2016 n. 78, recante “Piano straordinario 2016 per il reclutamento ricercatori di cui all’articolo 24, comma 3, lettera b) della legge 240/2010”, ritenendolo concretamente lesivo del proprio interesse alla nomina a professore di seconda fascia.

Infatti, premesso che l’art.24 comma 6 della legge 30 dicembre 2010, n.240 prevede non un obbligo ma una mera facoltà per gli Atenei di indire procedure per il reclutamento di RTI a professore associato e che, comunque, tale possibilità poteva essere esercitata solo entro il 31 dicembre 2017, i ricorrenti sostengono che, a meno che non vengano disposti dal MIUR nuovi stanziamenti espressamente destinati all'avanzamento dei RTI, “tale figura di Ricercatore dovrà rassegnarsi ad attendere il pensionamento osservando progredire nel cursus accademico soggetti molto più giovani (e molto spesso meno qualificati), che hanno avuto la fortuna di accedere alla nuova posizione di RTDB e che non verranno ‘stabilizzati’ nel ruolo dei Ricercatori, come continua ad accadere per i vecchi RTI, bensì, direttamente in quello dei Professori associati”.

Tanto premesso, gli stessi ricorrenti - come detto - hanno impugnato l’art.2 del D.M. n.78/2016 (Utilizzo delle risorse assegnate), nella parte in cui – nel dare attuazione all’art. 1, comma 247 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, c.d. Legge di Stabilità 2016 (secondo cui "al fine di sostenere l'accesso dei giovani alla ricerca, l'autonomia responsabile delle università e la competitività del sistema universitario e della ricerca italiano a livello internazionale, il Fondo per il finanziamento ordinario delle università è incrementato di 47 milioni di euro per l'anno 2016 e di 50,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017, p.a. l'assunzione di ricercatori di cui all'articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e per il conseguente eventuale consolidamento nella posizione di professore di seconda fascia") – diversamente da quanto prescritto dalla Legge di Stabilità 2016, garantisce la sola copertura finanziaria integrale del contratto triennale da ricercatore di tipo b), mentre il delta ulteriore di spesa richiesto dall'upgrade a professore di seconda fascia non è in alcun modo stanziato e viene posto a carico dell'Università, che a tal fine saranno costrette a reperire all'interno del proprio budget le risorse necessarie a coprire il maggior costo derivante dalla progressione a Professore associato dei ricercatori di tipo b) finanziati per il triennio con il Piano Straordinario, rimanendo prive di risorse per procedere all’analogo upgrade dei RTI.

In via preliminare, il Tar rileva che il ricorso presenta profili di inammissibilità per carenza di interesse.

Ed invero - si legge nella sentenza in rassegna - posto che l’interesse dei ricorrenti, limitatamente a quelli che, come da documentazione in atti, alla data di proposizione del ricorso straordinario al presidente della Repubblica, successivamente trasporto in sede giurisdizionale, avessero già conseguito l’abilitazione scientifica nazionale, era quello di poter concorrere alla nomina a Professore di seconda fascia sulla base di eventuali procedure che, tuttavia, avrebbero dovuto essere bandite (ai sensi del comma 6 dell’art. 24 della legge 30 dicembre 2010, n.240 entro il 31 dicembre 2017) e, a monte, che gli Atenei potessero disporre di adeguati finanziamenti a tal fine ... ha ritenuto il giudice amministrativo che il D.M. impugnato, in quanto specificatamente rivolto a regolamentare le modalità di utilizzazione delle risorse destinate dalla Legge di Stabilità 2016 ai ricercatori a tempo determinato, non costituisca atto concretamente lesivo dell’interesse dei ricorrenti.

Tale D.M., infatti, si limita a dare attuazione all’art.1, comma 247, della legge 208 del 28 dicembre n.2015 (c.d. Legge di stabilità 2016), nella parte in cui prevede che il Fondo per il finanziamento ordinario delle università venga incrementato di 50,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017, per l'assunzione di ricercatori di cui all'articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e per il conseguente eventuale consolidamento – sempre della medesima categoria di soggetti, cioè i ricercatori a tempo determinato - nella posizione di professore di seconda fascia.

La disposizione normativa in oggetto, quindi, secondo il Tar, non riguarda affatto la designazione di risorse per il consolidamento dei RTI in Professori Associati ma solo l’assegnazione di risorse per l’assunzione e l’eventuale upgrade a professore associato dei RTD.

Ne consegue che, se da un lato, a fronte del mancato stanziamento da parte del MIUR di ulteriori risorse per l’assunzione dei RTI quali professori di seconda fascia l’interesse dei ricorrenti avrebbe dovuto appuntarsi sull’inerzia dell’amministrazione; dall’altro, ad avviso del Collegio giudicante, soltanto gli Atenei avrebbero potuto dolersi della scelta effettuata dal MIUR nel D.M. impugnato, nella parte in cui all’art.3 prevede che già all’inizio del triennio l’Ateneo vincoli una parte delle risorse assegnate al consolidamento della posizione di RTD, per cui, secondo l’interpretazione di parte ricorrente, ne conseguirebbe che l’Università si vedrebbe privare delle risorse necessarie per bandire procedure (del tutto eventuali) ex art.24 comma 6 Legge n.240/2010.

Del resto, conclude il Tar, non può non rilevarsi che, sulla base della normativa vigente, nessuna aspettativa giuridicamente tutelata può riconoscersi in capo ai RTI finché non venga evidenziata la relativa volontà da parte dell’Università di appartenenza del singolo ricercatore (o di altra Università) di bandire apposite procedure comparative. Infatti, come ben evidenziato in ricorso, la normativa vigente non prevede alcun obbligo, ma soltanto la facoltà, dell’Ateneo di valutare i ricercatori assunti a tempo indeterminato nella posizione di Professore Associato.

In ogni caso, precisano ulteriormente i giudici amministrativi, la censura dedotta da parte ricorrente appare priva di pregio: diversamente da quanto ritenuto da parte ricorrente, la disposizione primaria di riferimento si è limitata infatti a prevedere lo stanziamento, a decorrere dall’anno 2017, di 50,5 milioni di euro per l'assunzione di ricercatori a tempo determinato e per il conseguente eventuale consolidamento degli stessi nella posizione di professore di seconda fascia, consentendo invece all’amministrazione un ampio margine di discrezionalità quanto alle modalità di utilizzo di tali risorse – descritte nell’impugnato D.M. all’art.2 il quale, dopo aver previsto al primo comma che le risorse assegnate siano prioritariamente utilizzate per il reclutamento di RTD, al comma 3, ha appunto previsto che “Nel caso in cui i ricercatori di cui al comma 1, avendo conseguito l'abilitazione scientifica nazionale e all'esito della positiva valutazione di cui all'art. 24, comma 5, della citata legge n. 240 del 2010, accedano alla posizione di professore di seconda fascia, le risorse attribuite vengono utilizzate dall'Ateneo come cofinanziamento del costo di tale posizione” sicché la stessa previsione normativa ha ritenuto essenziale garantire il reclutamento dei RTD .

Del resto, l’effetto pregiudizievole per i ricorrenti - derivante dal fatto che, dovendo gli Atenei co-finanziare l’up-grade dei RTD, rimarrebbero privi di risorse per finanziare l’up-grade degli RTI - risulta non soltanto una mera conseguenza indiretta del D.M. impugnato, ma altresì circostanza del tutto eventuale, dipendendo caso per caso dalle risorse proprie di ciascun Ateneo.

In conclusione, alla stregua dei rilievi sopra illustrati - secondo il Tar - il ricorso va dichiarato inammissibile e comunque respinto.

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