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Mercoledì, 16 Ott 2024

Se c’è un problema serio del sistema Italia che è emerso, per l’ennesima volta, con la pandemia, questo è il funzionamento del decentramento amministrativo o, come piace dire a molti, la devolution. Insomma, l’autonomia tanto invocata dagli enti locali di ogni ordine e grado.

E sì perché, i poteri degli enti locali, comuni e regioni, invece di essere uno strumento per consentire di essere più rapidi ed efficienti, si è dimostrato di nuovo fonte di ritardi, inefficienza, ineguaglianza e, soprattutto, di sprechi.

Ci sarebbe da aggiungere anche che molti governatori e sindaci hanno dimostrato una sorta di "bipolarismo" gestionale.

Tutti ricorderanno quei governatori che prima volevano chiudere tuttto, regioni comprese, e poi, in nome della ripresa economica, si sono affrettati a riaprire luoghi dove il cosiddetto distanziamento sociale era ed è impossibile, quali balere, discoteche, stadi et similia.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti, ora si rischia un nuovo lockdown e, quel che è peggio, nonostante le risorse necessarie siano state stanziate, non si è affatto provveduto ad aumentare i posti in terapia intensiva, a potenziare le strutture ospedaliere, ad organizzare il tracciamento dei positivi. Le file per i tamponi sono bibliche. Oppure, ricordate le raccomandazioni a fare il vaccino antinfluenzale (a Roma l’invito compare persino sulle fiancate dei bus)? Giusto, ma dove sono i vaccini? Assenti, fino a oggi, sia dai medici di base che in farmacia!

Insomma, le regioni prima invocano l’autonomia - pensate c’è chi chiede di avere piena competenza su ben 23 materie - salvo poi espletare male anche quelle che hanno ottenuto con la riforma del titolo V della Costituzione, il cui unico risultato è stato quello di far aumentare la distanza economica fra nord e sud.

Né hanno dato miglior prova di sé i sindaci, che pur non avendo i poteri dei governatori in materia di sanità, sono pur sempre autorità sanitaria locale. In questa veste, ai sensi dell'art. 32 della legge n. 833/1978 e dell'art. 117 del D.Lgs. n. 112/1998, possono anche emanare ordinanze contingibili ed urgenti, con efficacia estesa al territorio comunale, in caso di emergenze sanitarie e di igiene pubblica.

In quanti casi potevano chiudere il territorio comunale e non lo hanno fatto, in attesa di un provvedimento governativo?

Per il suo comportamento altalenante e irrazionale, tra tutti i sindaci si è distinto (in concorrenza con quelli di Bergamo e Messina) - lasciandoci basiti, visto che ha alle spalle una carriera manageriale di tutto rispetto - il primo cittadino di Milano, Giuseppe Sala, che, in pieno sviluppo della pandemia, ha lanciato lo slogan “Milano riparte”, coinvolgendo anche il povero Zingaretti in un aperitivo ai Navigli, costato al segretario del PD il contagio, e la città è ripartita sì, ma per i "Pronto soccorso" e per le corsie degli Ospedali, con esiti tristemente noti.

Ma quel che è peggio, è la sua idiosincrasia per le auto asseritamente ritenute vecchie e iperinquinanti, in particolare se diesel, e il suo attaccamento alla cosiddetta Area B (che corrisponde ad una superficie di 136 chilometri quadrati su 182, pari al 72% del territorio comunale di Milano), all'interno della quale è interdetto l'accesso  alle vetture diesel euro 1-2-3 e 4 senza FAP, ma dove fino al 1° ottobre scorso era ancora consentita la circolazione alle autovetture euro 1 a benzina!.

Sala, con raro senso di irrealismo, ha mantenuto tale divieto anche a pandemia scoppiata, costringendo i cittadini a prendere i mezzi pubblici affollati e ad esporsi così ad elevate dosi di virus.

Successivamente, bontà sua, il divieto è stato sospeso e, poi, più volte prorogato sino al 15 ottobre prossimo.

In disparte, il fatto che si continuino ad ignorare i problemi economici e ambientali che creerà lo smaltimento delle batterie delle auto ibride o elettriche, la cui durata massima è di quattro anni, meraviglia che ai tanti liberisti-sviluppisti con infarinatura ecologista siano sfuggiti i risultati dell’inchiesta che ha condotto persino il giornale di Confindustria, che ha sfatato tanti miti anti-diesel.

Ora però, nonostante il testo del decreto-legge “c.d. Agosto” – che in settimana, dopo aver ottenuto il voto favorevole del Senato, sarà definitivamente convertito in legge dalla Camera – preveda, stante l’aggravarsi del contagio, la proroga del predetto stato di emergenza fino al 31 gennaio 2021, il sindaco Sala dal prossimo 15 ottobre chiuderà nuovamente l’Area B alla citate tipologie di auto.

Una decisione sconcertante – giudicata fortemente negativa anche dall'Automobile Club di Milano, che ha chiesto un ripensamento alla Giunta – che va a colpire proprio la parte più debole della città: anziani, giovani e, in generale, persone con un reddito basso, che non sanno se potranno conservare, o che hanno già perso il proprio lavoro e che, comunque, non possono certo permettersi l’acquisto di un’auto nuova. Cittadini che, per andare al lavoro, saranno costretti ad affollare mezzi pubblici, già piuttosto accalcati, dove mantenere il distanziamento è un’utopia ma contrarre il virus è una certezza.

Insomma, un ulteriore contributo alla diffusione della pandemia e un modo per tornare veloci al collasso del sistema sanitario.

Non proprio il massimo per la capitale economica del paese che ieri, 10 ottobre, contava ben 312 nuovi casi di contagio in città; 587 nella provincia e 1140 nella regione, e tutti sappiamo che ogni giorno circa 400 mila persone (dai dati censuari, nel 2011, erano 368.388) affluiscono nella città per lavoro, studio o per altre ragioni.

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Direttrice de IlFoglietto.it

 

 

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