Matematiche, biologhe, botaniche e fisiche di origine ebrea si ritrovarono, all'improvviso, in seguito alla promulgazione delle leggi razziali, annunciate in Italia il 18 settembre 1938, a essere espulse da università e accademie, cancellate dagli elenchi ufficiali, deportate nei campi di concentramento o costrette a emigrare all'estero.
Tra di loro, Rita Levi-Montalcini (1909-2012), neurologa, accademica e senatrice a vita. In seguito alle leggi razziali, mentre stava terminando gli studi specialistici di psichiatria e neurologia, fu costretta a emigrare dapprima in Belgio sotto il falso nome di Rita Lupani e poi in America, dove ha potuto terminare le ricerche che hanno identificato il fattore di accrescimento della fibra nervosa, l’NGF, scoperta per cui ha ricevuto il Premio Nobel per la medicina nel 1986.
Altre scienziate ebree, non ce la fecero. Come la matematica Anna Segre. O come la pediatra Maria Zamorani. (Foto, in alto)
Alcune furono più fortunate, se di fortuna si può parlare in quella immane tragedia. Bianca Morpurgo e Luciana Nissim Momigliano, entrambe mediche, entrarono nel lager (insieme a Primo Levi e alla stessa Vanda Maestro) e ne uscirono vive.
Altre, come Nella Mortara, fisica, riuscirono a fuggire e a riparare all’estero (Nella trovò rifugio in Brasile), in attesa che la bufera passasse e poi ritornarono.
Per saperne di più: "Scienziate nel tempo. Più di 100 biografie", Ledizioni, Milano, 2020.
Sara Sesti
Matematica, ricercatrice su " Donne e scienza", collabora con l'Università delle donne di Milano
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