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Venerdì, 29 Mar 2024

«La scienza ci offre l’arma più forte, prevalendo su ignoranza e pregiudizi. Ora a tutti e ovunque, senza distinzioni, dovrà essere consentito di vaccinarsi gratuitamente: perché è giusto e perché necessario per la sicurezza comune. Vaccinarsi è una scelta di responsabilità, un dovere – ha dichiarato il Capo dello Stato, che ha poi aggiunto – Di fronte a una malattia così fortemente contagiosa, che provoca tante morti, è necessario tutelare la propria salute ed è doveroso proteggere quella degli altri, familiari, amici, colleghi».

E' un passaggio del discorso di fine anno agli italiani del Presidente della Repubblica, che condividiamo pienamente, perché favorevoli da sempre ai vaccini, ma non può prescindere dal principio di precauzione.

Chi scrive, è da sempre una sostenitrice dei vaccini. Con tutta la sua famiglia, fa ogni anno, da oltre trenta, il vaccino antinfluenzale, ha fatto sì che ai propri figli venissero somministrati vaccini che in Italia ancora non erano obbligatori, seppure già approvati da enti regolatori quali la statunitense FDA. Insomma, crede che vaccinarsi sia non solo una precauzione per tutelare la propria salute ma anche quella degli altri.

Insomma, vaccinarsi è un dovere, ma come sempre ai doveri devono corrispondere dei diritti. Innanzitutto, il diritto di scegliere, alla luce di quanto sta accadendo, quale vaccino fare. Anche se le autorità regolatorie hanno ribadito che va tutto bene e si può proseguire con AstraZeneca, non si può ignorare però che l’Ema, nel documento diffuso ieri, ha correttamente precisato che “La revisione degli eventi tromboembolici con il vaccino COVID-19 AstraZeneca è stata effettuata nel contesto di un segnale di sicurezza, con un calendario accelerato. Un segnale di sicurezza è un'informazione su un evento avverso nuovo o non completamente documentato che è potenzialmente causato da un medicinale come un vaccino e che richiede ulteriori indagini”. Comunque, l'Ema ha stabilito che, alla luce degli eventi avversi verificatisi, il buigiardino del vaccino AstraZeneca deve essere aggiornato.

Rispetto alla richiesta di poter scegliere il vaccino, il direttore dell’AIFA ha dichiarato che «non si fanno vaccini à la carte» e, come lui, in molti hanno ribadito che non ci può essere diritto di scelta.

Facile a dirsi, ancor di più se chi lo sostiene dovesse aver già ricevuto la somministrazione del vaccino Pfizer o Moderna, che non sembrano far registrare molti eventi avversi. Al riguardo, un consigliere della Regione Puglia della "Lista civica con Emiliano", come riportato da Repubblica, ha proposto: «Se il Governo, sulla scorta del parere dell'Agenzia europea del farmaco, disporrà per la ripresa della somministrazione, l'unico modo per ridare fiducia in quel vaccino è che le istituzioni diano l'esempio concreto e si vaccinino pubblicamente. Sarebbe da pazzi, altrimenti, pensare di tranquillizzare la gente solo con le parole, pretendendo che i cittadini se lo facciano somministrare tranquillamente dopo aver appreso, in questi giorni, comunicazioni e provvedimenti contrastanti».

In effetti, la fiducia del cittadino dinanzi a questo balletto vacilla: non si capisce più chi decide cosa. L’Ema e l’Aifa a fine gennaio 2021 raccomandano la somministrazione del vaccino anglo-svedese fino ai 55 anni; poi, il 22 febbraio, il Ministero della Salute, emana la circolare n. 6830, con la quale l’età viene elevata a 65 anni; a distanza di 14 giorni, sopraggiunge dallo stesso Ministero, la circolare n. 8811, che così recita: “Si fa seguito alla nota circolare protocollo n° 6830-22/02/2021-DGPRE e al parere del Consiglio Superiore di Sanità …Ulteriori evidenze scientifiche resesi disponibili non solo confermano il profilo di sicurezza favorevole relativo al vaccino in oggetto, ma indicano che, anche nei soggetti di età superiore ai 65 anni, la somministrazione del vaccino di AstraZeneca è in grado d’indurre significativa protezione sia dallo sviluppo di patologia indotta da SARS-CoV-2, sia dalle forme gravi o addirittura fatali di COVID-19…anche in una prospettiva di sanità pubblica connotata da limitata disponibilità di dosi vaccinali…Tale indicazione non è da intendersi applicabile ai soggetti identificati come estremamente vulnerabili in ragione di condizioni di immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici o per patologia concomitante che aumenti considerevolmente il rischio di sviluppare forme fatali di COVID-19 (cfr. allegato 3 della nota protocollo 0005079-09/02/2021-DGPRE). In questi soggetti, si conferma l’indicazione a un uso preferenziale dei vaccini a RNA messaggero”.

La situazione attuale è la risultante di una serie di problemi: conoscenze scientifiche ancora insufficienti, costi economici e un nuovo governo che deve apparire più efficiente del precedente. Come? Facendo il maggior numero di vaccinazioni possibili e quindi scegliendo la via più veloce, quella delle somministrazioni più diffuse e facili che, per ora, solo AstraZeneca permette.

Che poi un qualsiasi vaccino possa provocare gravi conseguenze, non previste nei relativi bugiardini, fino a ieri sembrava non importare.

Dopo più di un anno di pandemìa -121 milioni di contagiati e 2,68 milioni di morti, ad oggi - sappiamo ancora molto poco di questo terribile virus. Ora disponiamo di alcune armi per combatterlo, ma sono progettate in emergenza, a tempo di record, a 10 mesi dall’inizio degli studi sono stati immessi sul mercato i primi vaccini. Una cosa mai accaduta.

Da una intervista al professor Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Humanitas, uno dei massimi esperti al mondo sulla materia, apprendiamo che per avere un vaccino «Il periodo di ricerca preliminare, può andare dai due ai cinque anni e, per arrivare allo sviluppo completo del prodotto, possono passare anche dieci anni. Questo perché la messa in commercio di un vaccino implica che vi sia totale sicurezza sulla sua efficacia e sulla sua sicurezza».

Ora, è pur vero che almeno i primi due vaccini introdotti in commercio si basano su una tecnica innovativa: sono stati messi a punto per indurre una risposta che blocca la proteina Spike, quella che attacca le nostre cellule e le infetta. Come? utilizzando molecole di acido ribonucleico messaggero (mRNA) che contengono le istruzioni affinché le cellule della persona che si è vaccinata sintetizzino le proteine Spike. Le proteine così prodotte stimolano il sistema immunitario a produrre anticorpi specifici in chi si è vaccinato e viene esposto al contagio virale, gli anticorpi così prodotti bloccano le proteine Spike e ne impediscono l’ingresso nelle cellule. Ma non basta, il vaccino attiva anche le cellule T che preparano il sistema immunitario a rispondere ad ulteriori esposizioni a SARS-CoV-2.

Scrive l’AIFA: “Il vaccino, quindi, non introduce nelle cellule di chi si vaccina il virus vero e proprio, ma solo l’informazione genetica che serve alla cellula per costruire copie della proteina Spike. Se, in un momento successivo, la persona vaccinata entra nuovamente in contatto con il SARS-CoV-2, il suo sistema immunitario riconoscerà il virus e sarà pronto a combatterlo”.

Rispetto a tale tecnica i soliti disinformati hanno detto che un vaccino così costruito ci avrebbe esposto a mutazioni del DNA, ma non è così. L’mRNA del vaccino non resta nell’organismo, ma si degrada poco dopo la vaccinazione. Sono così pensati il vaccino prodotto da Pfizer-Biontech mRNABNT162b2, il cui nome commerciale è Comirnaty, e COVID-19 Vaccine Moderna mRNA -1273.

Diversamente, i vaccini COVID-19 Vaccine AstraZeneca e COVID-19 Vaccine Janssen, già autorizzati dall’EMA e dall’AIFA sono a vettore virale, ossia, il gene della proteina Spike del SARS-CoV-2 viene inserito in un adenovirus messaggero innocuo che trasmette il gene stesso alle cellule del destinatario del vaccino, queste a loro volta leggono il gene e assemblano la proteina Spike come se fosse una proteina dell’organismo del vaccinato. A quel punto la proteina Spike si presenta sulle superfici delle cellule del destinatario, provocando la risposta immunitaria.

A proposito degli eventi avversi occorsi ad alcuni vaccinati in concomitanza con la somministrazione, qualcuno, in maniera improvvida, ha gridato al complotto, evocando una sorta guerra in corso tra i giganti di Big Pharma, e, addirittura, v’è chi ha detto che tali eventi sono stati tanto enfatizzati perché il vaccino anglo svedese è il più economico (costa circa 2 euro, contro i 15,50 di Pfizer, i 15,00 di Moderna e i 7 di Johnson&Johnson che però comporta una sola somministrazione).

Indubbiamente, l’Ue avendo acquistato 300 milioni+100 opzionali di dosi per i cittadini europei da AstraZeneca (costo totale circa 550 milioni), ha badato soprattutto ai costi economici e, nel caso in cui fosse giunto uno stop definitivo di questo vaccino dalle autorità regolatorie, l’Europa ci avrebbe rimesso circa 2,9 miliardi di euro tra quanto avrebbe dovuto pagare comunque alla società anglo-svedese e quanto avrebbe dovuto spendere per rimpiazzare le dosi bloccate acquistando altri vaccini.

Stando agli annunci, però, a fronte di ritardi e tagli nelle consegne, l’Europa ha rimpinguato anche gli acquisti degli altri vaccini, sicché alla fine si spenderanno tra 4,65 e 9,3 miliardi per il vaccino americano-tedesco Pfizer/BionTech, avendone l’Ue acquistato 300 milioni di dosi e opzionato altri 200 milioni per gli Stati membri e 100 milioni per i Paesi più poveri. Per Moderna, il costo dovrebbe aggirarsi tra 4,65 e 6,9 miliardi per 310 milioni di dosi acquistate (più 150 milioni opzionali). Da Johnson&Johnson, l’Ue ne ha pre-acquistato 200 milioni di dosi (più 200 milioni opzionali), per un costo stimato di 1,4 – 2,8 miliardi.

Un risparmio iniziale a cui, però, corrispondono, ad oggi, non solo maggiori effetti avversi, ma anche una diversa efficacia, specialmente in presenza delle varianti intervenute nel frattempo. In fase sperimentale, Pfizer avrebbe dimostrato un’efficacia del 95%, Moderna del 94%, AstraZeneca del 70%, Johnson&Johnson del 67%. Questi ultimi due, essendo di facile conservazione, consentono però una più agevole somministrazione diffusa. Si tratta, comunque, di percentuali in continua evoluzione.

I paesi europei, fin dal dicembre scorso, avevano chiesto e ottenuto da Bruxelles una flessibilità negli ordini di acquisto, sia rispetto alle quantità che ai fornitori. In base al piano vaccinale di gennaio, in Italia AstraZeneca avrebbe dovuto garantire il maggior numero di vaccinati entro l’estate.

Ma viene da chiedersi: se si fossero seguite politiche diverse negli ultimi trent’anni, ci troveremmo oggi a mettere sul piatto della bilancia i costi dei vaccini rispetto alla salute dei cittadini? Se, anziché politiche liberiste volte a tener conto esclusivamente dei profitti delle imprese, si fossero seguite politiche di ricerca pubblica che ponessero in primo piano la salute dei cittadini, ci troveremmo in questa grave situazione?

Politiche sanitarie pubbliche avrebbero proibito alle imprese di fare profitti sulla salute dei cittadini. Per questo è partita la petizione No Profit On Pandemic - Right to Cure che sostiene la proposta avanzata da India e Sudafrica di sospendere temporaneamente i brevetti per i vaccini Covid-19, al fine di non ostacolare l'accessibilità o la disponibilità di qualsiasi futuro vaccino o trattamento contro il Covid-19, e anche di “introdurre obblighi giuridici per i beneficiari di finanziamenti dell'Ue per quanto riguarda la condivisione di conoscenze in materia di tecnologie sanitarie, di proprietà intellettuale e/o di dati relativi al Covid-19 in un pool tecnologico o di brevetti”.

Un emendamento al Rapporto sul Semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche, approvato dal Parlamento europeo, ha avanzato la richiesta alla Commissione e agli Stati membri di superare gli ostacoli e le restrizioni derivanti dai brevetti e dai diritti di proprietà intellettuale al fine di garantire un’ampia produzione di vaccini e la loro tempestiva distribuzione a tutti i Paesi e a tutti i cittadini.

La proposta di deroga ai brevetti per la produzione di vaccini avanzata da India e Sudafrica, per far fronte autonomamente all’insufficiente produzione di vaccini, per il momento è stata bocciata dall'Organizzazione mondiale del commercio (Wto). I paesi ricchi ritengono che i brevetti siano degli incentivi all'innovazione.

Come suol dirsi: piatto ricco mi ci ficco. Il business dei vaccini ha già fruttato e continuerà a fruttare nei prossimi anni centinaia di miliardi di profitti, tanto più che in futuro non sappiamo se continueranno ad essere gli Stati ad erogarli, una torta talmente ricca da spartire che vede oltre 200 concorrenti (tanti sono i vaccini in sperimentazione, 86 dei quali già in preclinical testing, oltre 40 in sperimentazione clinica, in fase I o II, e una decina circa in fase III).

In Italia, si ha l’impressione che vi sia una corsa da parte del governo a somministrare vaccini purché siano, nel minor tempo possibile - senza attendere i risultati di tutte le necessarie verifiche sulla sicurezza degli stessi e sulla loro efficacia in presenza delle varianti del virus – forse per dimostrare ai cittadini, ormai sfiduciati dinanzi a provvedimenti che appaiono spesso contraddittori e illogici, di essere più efficiente di quello che lo ha preceduto.

Adriana Spera
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