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Venerdì, 29 Mar 2024

Con sentenza n.2802/2021, pubblicata lo scorso 7 aprile, il Consiglio di Stato (Sez. III, Pres. Corradino, Est. Puliatti) ha annullato la decisione del Tar del Lazio n. 5660/2018, con la quale era stato rigettato il ricorso n. 10893/2008, proposto dalla Sig.ra Maria Oliva Salviati, rappresentata e difesa dall'Avvocato Isabella Maria Stoppani, avverso il decreto del Presidente della Regione Lazio, adottato in veste di Commissario ad acta, n. 8 del 3 settembre 2008, con il quale era stata disposta la cessazione, entro il 31 ottobre 2008, dell’attività del presidio ospedaliero San Giacomo, sito in via del Corso a Roma.

Ci sono voluti quasi tredici anni, e solo grazie alla straordinaria iniziativa della Sig.ra Salviati, per ottenere una sentenza che restituisce ai cittadini della capitale un importante presidio sanitario.

Dopo la bocciatura del primiero ricorso da parte del Tar, che, in primis, “ha ritenuto infondato il motivo con cui la ricorrente aveva dedotto il difetto di istruttoria nella parte in cui l’amministrazione regionale non si sarebbe avveduta dell’esistenza di un vincolo di destinazione (ad ospedale) impresso sulla ridetta struttura in virtù della donazione modale effettuata dal Cardinale Salviati verso la fine del ‘500 in favore della omonima Confraternita di San Giacomo degli Incurabili ed al Collegio Salviati”, e poi ha affermato che “pur a fronte di un potere ampiamente discrezionale di intervento nonché a fronte di ragioni tecnico-amministrative per cui lo svolgimento di attività sanitaria all’interno della predetta struttura si rivelerebbe del tutto antieconomico, parte ricorrente si è limitata ad esprimere in contrario soltanto alcune generiche enunciazioni di principio”, la stessa ricorrente, non dandosi per vinta, impugnava la sentenza innanzi al Consiglio di Stato, denunciando “l’ingiustizia ed erroneità della sentenza” stessa con quattro motivi di appello, il primo dei quali è stato ritenuto sufficiente dal Collegio per la totale riforma della decisione di 1° grado.

Con tale motivo, si legge nella sentenza del Consiglio di Stato, “l’appellante lamenta l’omesso esame dei profili di illegittimità sollevati con il primo motivo di ricorso (dinanzi al Tar, ndr). La sentenza appellata, infatti, si limiterebbe a sintetizzare il primo motivo di ricorso riferendosi esclusivamente al sollevato difetto di istruttoria, tralasciando di esaminare tutti gli altri profili di illegittimità, dalla violazione dell’accordo Stato-Regione Lazio 28 febbraio 2007, di cui ha preso atto la delibera di Giunta regionale n. 149 del 26.3.2007 che approva il 'piano di rientro', al travisamento dei fatti, alla contraddittorietà ed illogicità dei provvedimenti impugnati, ed in particolare allo sviamento di potere.
Secondo l’appellante, non doveva disporsi la chiusura di servizi essenziali di altissima qualità, essendo l’Ospedale San Giacomo inserito nel Piano Emergenza Massimo Afflusso Feriti, stante la sua posizione; è stata omessa la valutazione dei diritti ed interessi pubblici coinvolti; non si è considerata la contraddittorietà con il Piano di Rientro; si è omesso il riferimento alla circostanza che sull’immobile insiste un vincolo di destinazione imposto alla fine del 1500 dal proprietario, il cardinale Antonio Maria Salviati, lontano dante causa dell’appellante, vincolo che avrebbe impedito la chiusura della struttura. Difatti, il Piano di rientro prevedeva solo la riduzione dei posti letto dell’Ospedale S. Giacomo (da 200 a 170, ndr).
La contraddittorietà ed illogicità dei provvedimenti impugnati sarebbe dimostrata ulteriormente dagli ingentissimi investimenti, in attrezzature e personale, effettuati proprio a ridosso della chiusura, quasi a voler predisporre poi una giustificazione di eccessiva onerosità nel rapporto personale/pazienti”.

Tali argomentazioni, dopo approfondito esame, disattese quelle dei soggetti appellati e costituiti in giudizio (Regione Lazio, ASL Roma1, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero della Salute e Presidenza del Consiglio dei Ministri), sono state condivise dai Giudici di Palazzo Spada che hanno accolto l’appello, sussistendo “il denunciato vizio di eccesso di potere per sviamento e contraddittorietà, irragionevolezza e illogicità”.

Rimane salvo – conclude la sentenza in rassegna - il potere della Regione di adottare ulteriori provvedimenti, alla luce dei rilievi che precedono”.

Rocco Tritto
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