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Mercoledì, 03 Lug 2024

E' vero che la crisi idrica è una delle conseguenze della crisi climatica: lunghi periodi di siccità, ondate di calore, incendi boschivi, scioglimento dei ghiacciai e tanto altro ancora.

Però, almeno in queste occasioni, dobbiamo riflettere sui paradigmi (micidiali) messi storicamente alla base del nostro rapporto con l'acqua, che contribuiscono alla crisi come e più del clima.

Le acque sotterranee sono il comparto più importante e capiente che esista al mondo per la conservazione delle acque dolci e per la loro buona qualità: assai superiore quantitativamente alla somma delle acque di tutti i fiumi, dei laghi e quella in atmosfera. Noi abbiamo ingaggiato una guerra alle acque meteoriche. Da sempre, invece di consentire all'acqua di pioggia di infiltrarsi e restare sul territorio, nelle città le allontaniamo nelle fognature perché vadano via velocemente.

Abbiamo immense superfici impermeabilizzate da edifici, strade, lastricati, capannoni e la pioggia non può più infiltrarsi nel terreno. E siccome qualche pioggia c'è ancora, le superfici scolanti hanno tutte sistemi di fognatura, il più delle volte miste con le acque luride. Le zone umide, importanti regolatori climatici ed ecosistemi ad altissima biodiversità, sono state eliminate e l'ecocidio lo chiamiamo "bonifica".

Il lago del Fucino, terzo in Italia per estensione, è stato prosciugato e oggi nell'antico alveo, l'agricoltura industriale che vi si pratica è in crisi per carenza di acqua! Anche la piana di Rieti era un lago (lacus Velinus) prosciugato in epoca romana dal console M. Curio Dentato. Ma anche la "bonifica" delle paludi pontine e secoli di bonifiche nella pianura padana, sono visti con occhio ammirato del progresso.

I paradigmi trionfali della guerra contro l'acqua che viene dal cielo (ora sempre meno) sono riassumibili con le parole: drenare, prosciugare, bonificare, incanalare, allontanare l’acqua piovana, smaltire velocemente.

Oggi celebriamo la nostra vittoria: le falde idriche sono in massima parte in esaurimento, le acque dei fiumi, canalizzate, scorrono velocemente verso il mare (gli abbiamo messo fretta), le superfici impermeabilizzate impediscono all'acqua di infiltrarsi nel terreno, e quelle che vi scolano sono ingoiate da tombini, immesse nelle fognature perché vadano via il più velocemente possibile.

Se vogliamo fare pace con l'acqua dobbiamo ribaltare i paradigmi attuali e imporre: lasciar infiltrare nel terreno; rispettare la naturalità dei fiumi; tutelare le zone umide; raccogliere e conservare l’acqua piovana in ogni modo possibile; rallentare i deflussi e allungare i tempi di corrivazione.
Si può fare.

1- continua

Giovanni Damiani
Vice Presidente Nazionale di Italia Nostra
Già Direttore di Anpa e Direttore tecnico di Arta Abruzzo
facebook.com/giovanni.damiani.980
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